Prima di andare a dormire faccio due cose, da qualche tempo.
Prima mi riconglionisco su tik tok.
Poi leggo qualche poesia.
Il tutto può essere chiamato miscuglio di sangue e merda, che è tanto il riassunto di tutti i giorni.
Stranamente per una volta i ruoli si sono invertiti.
Forse perchè su Tik Tok non ci sta solo gente che balla o che fa tutto quello che più disprezzo e non capisco.
Sta di fatto che, l'altra sera, un tizio, o la voce di un tizio, su uno sfondo di montagne verdi e fiumi dall'acqua cristallina, mi diceva, e sicuramente lo diceva solo a me:
Per apprezzare la vita devi circondarti delle persone che più vogliono farne parte e
non sentire la mancanza di quelle che invece se ne vanno, decidendo di non volerci stare.
Continuava dicendo anche altro ma non me lo ricordo, perchè,
il mio primo ovvio pensiero è stato: mavattenaffanculo va.
Eppure.
Eppure è quasi tutto il giorno che ci penso.
Ah no, diceva anche che dobbiamo essere grati ogni giorno verso tutto quello che abbiamo.
Sì, ecco, diceva anche quello.
Sì, è tutto tremendamente banale, sta di fatto che è quasi tutto il giorno che ci penso.
E, non so perchè, mi ha fatto venire delle immagini in testa.
Immagini che non potrebbero avere nulla a che vedere con quello che intendeva sto tizio.
O forse sì.
Quando quella voce diceva quelle cose, secondo me, quella voce, non pensava al fatto che avrei potuto pensare a me, sì, a me, che scendo dalla macchina, dopo aver parcheggiato in doppia fila, per poi chiudermela alle spalle ed entrare al supermercato.
Sì, al supermercato.
Subito dopo ho pensato. a me, ma guarda il caso, che premo il pulsantino del telecomando e la chiudo, dopo averla parcheggiata (in modo da prendere una multa) poco distante da casa, e verso quella casa, io, nel silenzio, seguendo il ritmo dei miei passi, me ne torno.
So perchè l'ho pensato.
E so di esserne grato.
So di accorgermene praticamente tutti i giorni.
Ma per un motivo lontano da quello che pensa quella voce.
L'ho pensato perchè lo pensavo già cinque sei anni fa, quando ero seduto sul divano a L, in una città diversa, dove si parla una lingua orrenda. E da seduto, a volte fissavo la finestra per vedere se il cielo fosse azzurro, e anche se non lo era sapevo che stavo guardando quello spicchio di nuvola per un motivo diverso.
Il motivo era, come è, che io non ci credevo, come non ci credo adesso.
Non credevo, in quel momento, che quel divano sul quale ero seduto l'avevo comprato io, con i miei soldi, come tutti i mobili di quella casa. Non credevo a quello che stava succedendo, nonostante lo avessi fatto capitare io. Non credevo vero che dal mio conto in banca, o che il mio conto in banca, potesse tramutarsi in quello.
Sì, lo so, è il pensiero più stupido del mondo, lavori, ti pagano, compri cose.
Eppure, anche se ero io a farlo, mi chiedevo, spesso: ma davvero l'hai fatta tu tutta 'sta cosa?
La risposta era evidente, c'avevo il culo proprio sopra alla risposta.
E così accade quasi ogni fine giornata, quando scendo dalla macchina (che per giunta non è manco mia, me l'hanno data come bonus), o quando ci risalgo, magari con le buste della spesa.
Sì, non posso dire di non essere fortunato.
Sì, non posso dire di non capire che c'è davvero un fantastilione di persone che stanno messe poco, mediamente, tanto, tantissimo peggio di me.
Quindi sì, so farlo il giochino del "grazie".
Non lo so esattamente dove voglio arrivare.
Il punto è che seppur io tutto queste cose le so, mi frega il punto 1, di quello che ha detto la voce di Tik Tok.
Perchè sì, è vero, ha ragione la voce di Tik Tok (che ho iniziato a scrivere in maiuscolo) sta di fatto che però se tutte le cose per cui ti senti fortunato e grato, stanno a lì a ricordarti che sei cresciuto solo nel senso dell'autosufficienza, allora, quelle cose, a notarle, ti fanno più male che bene.
Sì, è vero, come la voce di Tik Tok, che sono un morto di sogni.
Sì, è vero, la voce di Tik Tok ha ragione, chi non vuole stare nella tua vita, non merita il tuo bene, quindi uno potrebbe serenamente smettere di pensare.
Alla fine pensare a qualcosa o qualcuno, non è una scelta?
Boh, forse sì, forse no.
Sta di fatto che se tu avresti voluto mettere quel qualcosa o qualcuno dentro tutte le cose a cui sei grato, come possono loro non farti pensare a quella persona?
Lo dico per un amico eh, figuriamoci.
Io manco sapevo che avrei avuto tutte queste cose.
Io, giuro, ridarei tutto indietro per una cosa che sto pensando in questo esatto momento.
Lo giuro, faccio anche due passi indietro. Promesso.
Letterina a Babbo Natale.
Caro Babbo, due passi indietro in cambio di quello che sto pensando.
Se sei buono, e vedi che sono genuino, fammene fare uno solo (già sto barando)
Grazie.
A presto
Diego
Salire e scendere da una macchina (non mia) come simbolo di te che diventi più grande, di te che hai più responsabilità, di te che diventi, semplicemente, più vecchio.
Volevo anche scrivere questa cosa sennò me la dimentico.
Credo sia più una domanda:
Che senso ha pensare a cosa metteresti nella tua vita, se una parte di quelle cose non ci vuole proprio stare dentro?
Mi spiego meglio, quale è il sottile limite tra "vorrei che fossi parte di tutto questo" e "anche io sto facendo qualcosa in cui mi piacerebbe entrassi", ma le due cose sono incompatibili?
Non si capisce quello che ho scritto, ma ho capito io.
Erano due cose diverse, una è l'incompatibilità dei futuri.
Altra il fatto che qualcuno non ha interesse a far parte di un progetto.
La seconda si risolve facile.
La prima sono più dolori che altro.
Ci si può scannare inutilmente? Probabile.
Può il tempo sanare? Probabilmente sì, ma una cicatrice è una cicatrice, e la pelle non torna mai come era prima della ferita. C'è sempre una maglia di pelle in più o in meno da qualche parte.
Ahimè, già, la vita è fatta di millimetri, e maglie in più o in meno.
La cicatrice forse sta lì solo per ricordarci due cose, credo io:
1 hai sbagliato
2 Almeno c'hai provato
Non credo che una cicatrice sia in grado di non farci commettere più gli stessi errori, credetemi (tanto non legge nessuno) mi sono rotto 3 volte il polso, quasi sempre nello stesso modo.
Non si impara mai, ne con il polso, ne con il cuore.
Quindi scendo dalla macchina e sono più grande, quando la chiudo sono più grande, e dovrei essere grato di averla, o di essermela guadagnato:
Di non prendere l'acqua in inverno quando piove o di non dover portare la sacca da tennis in giro ovunque.
Giuro lo sono.
Solo che quel posto vuoto, vicino al guidatore.
Proprio quando, cazzo, tutto sembra vicino alla perfezione, anche se non lo è non importerebbe.
Serve a qualcosa essere grati delle cose, per conto proprio?
Si può essere grati di poter fare la spesa?
Sì certo.
Come di avere tutte le cose più inutili?
Penso di sì.
Forse sono le cose di cui vorrei essere grato, che mi mancano.
Perchè non le ho.
Ho tutto quello che posso.
Non ho tutto quello che vorrei.
Come la spiego questa cosa?
Semmai davvero rileggerò sto blog quando avrò 80 anni (se c'arrivo, se ancora esiste sta pagina, se ancora esiste internet, se ancora esistiamo tutti), capirò o semplicemente ricorderò questo sentimento che adesso mi pizzica il centro esatto dello stomaco?
Poco sotto l'ombellico. In un punto preciso, fa un vortice di budella.
È la verità che si allarga, fa il cerchio e traccia un territorio, quello intorno al quale si creano tutte le insicurezze che sento dentro di me.
Umanamente, o meglio, sentimentalmente, non ho raggiunto alcun obbiettivo di quelli che mi ero prefissato, o meglio, che immaginavo per me.
Chissà perchè avevo deciso che avrei voluto un figlio a 28 anni.
A 28 anni ero da poco tornato a Roma, e sarei ripartito due anni dopo.
Facendo rigirare la trottola.
Non ho avuto mai una vacanza con una persona di cui ero davvero innamorato.
Che poi perchè "davvero innamorato"? Mica esiste innamorato "per finta", va bè.
Ho convissuto per massimo 7 mesi con due persone diverse.
Nessuna delle due davvero voluta, davvero sentita.
Tornando indietro non so manco perchè è successo.
Non mi ero prefisso di ficcare un anello nel dito di una ragazza, ma di mettere l'orecchio sul pancione sì.
Avere gli occhi addosso mi funziona solo quando sono in presentazione (sto parlando di lavoro), prima mi piaceva anche festeggiare il mio compleanno e lasciarmi distrarre dalle attenzioni.
Adesso, Dio te prego, scappo tutta la settimana. Quindi figuriamoci un matrimonio.
Ecco, se proprio devo, di quella cerimonia, immagino solo tre cose (se fosse proprio canonica), i tre momenti che vorrei segretamente ritagliare solo per me e sta povera disgraziata.
Il momento in cui glielo chiederei. Lo immagino spesso, e ogni idea mi sembra sempre più scema, più bella, più "ma che cazzo stai a dì", più "tanto le proposte le fai solo nella testa tua".
Ma giuro su tutto quello che ho: casa ancora della banca per altri 26 anni, qualche quadro, i mobili e un conto in banca migliore di due anni fa, che nella mia testa sono bellissime.
Una lettera che le leggerei solo a lei prima (la notte prima, poco prima, non lo so, comunque prima).
Che poi non so se queste due cose sono legate, perchè penso che per la prima volta scriverei quello che vorrei dire (anzi la seconda, la prima è stata per il discorso da testimone di mia sorella, non sono voluto andare a braccio).
Mia madre era lontana, non avevo un microfono, ancora si lamenta che non ha sentito un cazzo.
Dettagli di una serata in cui tutti erano ubriachi, tranne me.
Era Natale e a Roma, quella sera, facevano 21 gradi.
Ci credereste?
Sono tornato col taxi con le maniche della camicia rovesciate manco fosse i primi di Giugno.
La vita cambiava, da lì a poco, di brutto.
Posso e devo essere grato anche per questo? Sì.
In fondo sono anche zio (due volte).
E mi vesto da Babbo Natale, da tre anni.
E sì anche se il Natale non mi va a genio, ma solo perchè sono io che non so far nevicare, alla fine è giusto ringraziare anche solo per il fatto di vedere qualcuno che davvero ci crede quando scrive la letterina di Natale, a Babbo. (L'ho fatto sopra, ma col cazzo che, ecco, ci siamo capiti).
Cose di cui non sono grato:
la gente che mi sopporta.
Cose di cui dovrei esserlo di più:
La gente che mi sopporta.
Segue una lista randomica di cose di cui non sono grato, ma che c'è un motivo:
a mia sorella perchè m'ha fatto zio (il ciclo della vita la rende una cosa normale)
forse dovrei essere più grato a me stesso, mi faccio un sacco di culo e ultimamente mi coccolo.
Ma non sono per niente grato a quella specie di essere umano tardo-adolescente (anzi in piena adolescenza) che da anni ormai (senza pagare l'affitto) vive stabilmente dentro di me.
Continuerei a scrivere per ore, ho anche trovato la canzone giusta.
Sono stanco, ho la pancia piena di nei, la bocca piena di imprecazioni, la testa piena di onde, il cuore pieno solo d'aria.
Il dottore ha detto che "io non vendo medicine" e continuando ha detto "se sta bene senza la cura può continuare così, figuriamoci, sono sorpreso perchè mesi fa diceva che non avrebbe voluto smettere".
Solo che mi sento nervoso, ogni giorno di più, c'è qualcosa che fatica ad andare via, è appiccicato alla mia pelle, sta nel sotto pelle, è come colla, è come quando provi a togliere la carta da parati dal muro. Me la sento dentro, non si stacca. A volte la guardo con disprezzo, a volte la guardo con sfiducia, a volte con rancore, la insulto, quella carta, per poi sentirmi in colpa, la osservo con tutta la disillusione del mondo, vorrei (se fossi capace) staccarla con le unghie se necessario, eppure è lì. Perchè sono sempre io che, a tratti, ho male nel toglierla da lì, e questo mi fa sentire tremendamente solo, e stanco. Stanco di illudermi, stanco di fare di me narrativa spicciola, un uomo-ragazzo (ora pure sovrappeso di qualche chilo da buttare via) prende a cazzotti le nuvole, che chiede ai sogni di spegnersi, che tanto non si avverano, un dolcino che di quella dolcezza non ci fa davvero (e stavolta davvero è giusto) niente di niente.
Eppure, eccoci qui, a scendere dalla macchina a fare la spesa:
E non trovo la morale, di quello che ho scritto.
E se non la trovo vuol dire che ancora non so quello che sto scrivendo, così come non so quello che mi accade.
E quindi, è come tutte le cose, quelle che capisci ma non capisci, ma che spieghi solo in modo, che tu ne sia grato o meno: è così.