mercoledì 8 dicembre 2021

Il Natale e le botte di culo non arrivano mai insieme.

 


8 Dicembre. Ha nevicato. Tutta la mattinata. poi è diventata pioggia ed entro stasera sarà una poltiglia fangosa.

Quale migliore metafora del Natale?

Non mi credete? Aspettate il 7 Gennaio, poi quando odierete il mondo, chiamatemi. 

Risponderà la voce della mia segreteria: "ve l'avevo detto". Se volete lasciate pure un messaggio.

Parliamo del Natale? No. 

Ho deciso due giorni fa, anzi ho capito due giorni fa, che è troppo introspettivo per me.

Il Natale è come un signore anziano simpatico al quale decidi di fare delle confidenze.

Ma ti si ritorce contro, perchè sto vecchio infame è preparato ed intelligente.

Ti fa nero psicologicamente. Poi si mangia il cotechino e con la lingua si toglie i pezzettini dai denti come fossero le tue ossa sbriciolate, o quello che resta del tuo inconscio, subconscio, 

sub-totale dei danni.

Preferiamo, forse, la Pasqua, più corta e discreta.

Pasqua, detta anche "con chi vuoi", se fa i cazzi sua, arriva, passa, lascia qualche chilo, e se ne va. Ma non sta lì a rincitrullirti con il bene, il male, il buono delle persone, e la magia del mondo.

Non ti anestetizza, la Pasqua.

Quindi abbiamo già detto abbastanza.

Volevamo affrontare in questa sede, le botte di culo, o di vita.

Si definiscono come tali, o chi scrive le definisce così, quelle accidentali fortune considerate tali, ma effettivamente da considerare come giusto premio della vita che va, semplicemente, in bilancio con altre volte in cui non vieni premiato.

Segue esempio:

uno dei momenti più belli della mia vita è stato quando mio nipote Alessandro, detto "Ale Ale" ha visto per la prima volta suo fratello appena nato, Federico, al secolo "Rico".

Le cose sono andate così; visto che c'è il covidmerda, al secolo "covid 19", mia sorella mi avvisa che sta entrando in ospedale per diventare Dio per un giorno e, così, creare una vita.

Da quel momento è partito nella mia testa un solo pensiero, che per culo, scaramanzia o sfiducia nel destino, non ho mai manco detto ad alta voce quando stavo da solo: "mi piacerebbe vedere quando Ale Ale vede Fede per la prima volta".

Il massimo che ho potuto fare è stato aspettare che partorisse e prenotare un treno da lì a qualche giorno, visto che in ospedale non si può entrare.

Il tempo, in ore non in giorni, passa e io sto massacrato di lavoro e di pensieri.

Le prime foglie cascano, l'acqua scende dalle nuvole come le bestemmie per le troppe cose che seguo. Il dritto in campo funziona, il rovescio, in difesa, fatica, insomma tutto nella norma.

Però due giorni passano, e io sto sul treno, realizzo che mia sorella è pronta per uscire e che le stanno facendo la, come si chiama?, post-ospedalizzazione. insomma sta facendo i documenti per uscire. E insomma io sto alla stazione Termini, Ale sta a casa dei miei, e mia sorella con "Rico" al seguito, sta ancora in ospedale.

Quindi mi inizia a pizzicare il filo della schiena. 

Ma mi sto zitto. Perchè tanto lo so che mentre sono sulla metro A, in dodici secondi mia sorella finisce e arriva a casa, e io, quel momento, me lo perdo. Mortaccitua.

Quando sto sulla banchina chiamo a casa per avvisare che tra 20 minuti "sto a Battistini".

"Ok, tanto Giulia non è arrivata. Viene papà a prenderti".

Io faccio il vago con l'orologio. Senza che quello al mio polso mi sgami, butto un'occhio a quello della stazione". Forse non m'ha visto. Boh.

Insomma sto a "Spagna", mancano 15 minuti, e boh, ci penso.

Ma tanto lo so che in quel momento mia sorella sta in macchina con Rico e a breve scende e citofona a casa dei miei. E io me lo perdo sto momento. Mortaccitua.

Insomma sto a Lepanto. E un pochetto in silenzio ci spero.

Ma sicuro come le tasse quando non c'hai na lira, che mia sorella con "Rico" sta già a casa.

Stanno già tutti lì intorno che ridono e Ale che chissà che fa con suo fratello di tre giorni lì davanti. Posso saperlo che fa? No, perchè me lo sto perdendo. Sto sulla metro. sta metro di merda maledetta lenta.

Quando arrivo a Battistini, prima periferia di Roma. Prima bella adesso che ne so vivo a Milano, ma per me è come le radici di una quercia, qualcosa di diverso da un quartiere; insomma, quando arrivo lì ci sta mio padre.

"Namo?!" dico io.

"Namo namo. Tu sorella ancora stava al Gemelli" dice lui.

Notarsi la finezza nell'uso improprio ma bellissimo del passato prossimo "stava".

Per "stava" si intende che lui effettivamente non sa se mia sorella sia arrivata a casa nel frangente temporale in cui lui è uscito per venire a prendere me. Quindi la probabilità che lei sia arrivata a casa esiste, in parte, come quella che ancora no.

Ma figuriamoci il mondo pieno d'oro, o che vinco al "grattino", al secolo la lotteria instantanea meglio nota come "gratta e vinci" se sono così sculato. Sicuro lei adesso è arrivata, quindi non c'è solo la presa a male che mi sono perso sto momento, ma anche il senso di colpa legato a fatto che io l'abbia fatto perdere anche a mio padre.

E quindi? E quindi mi roderebbe il culo, ma siccome sono a Roma, me rode proprio er culo forte.

Loro staranno già lì e io no, mio padre nemmeno.

Con Ale che vuole accarezzare Rico, che è di porcellana, quindi pure la manina di Ale sembra una pala su quel viso minuscolo.

E io sto preso malissimo quando apriamo la porta di casa e chi ti vedo davanti?

Il divano, vuoto. E mia madre che arriva.

"Giulia?"
"Eh mo' arriverà".

E poi arriva Ale Ale correndo che ride. E poi io me lo prendo e ci rotoliamo sul tappeto.

E poi facciamo un sacco di casino che manco la sacca ho portato in camera mia.

Lui mi salta addosso e mi mozzica le guance e io glielo dico che "ti vojo bene pure io che mi sei mancato tanto".

E non faccio in tempo a dirlo che suona il citofono.

E al citofono non è Bartolini che porta un pacco. Non è DHL, non è la postina, non sono quelli del Folletto, i testimoni di Geova, quelli del contatore del gas, la signora che si dimentica le chiavi o un ragazzino stronzo che ha appiccicato la gomma al bottone; no, è Giulia.

Oh Gesù. Una botta di culo.

Cioè notiamola quando accade. No?

E quindi loro salgono le scale. E il secondo campanello è quello della porta. Quindi che fai? Non apri? 

E quindi loro sono davanti a me, sull'uscio. E tu hai lo sguardo che diventa un fish-eye (per i profani è come dire che riesci a vedere a 180 gradi, tipo una mosca).

E quindi però non ve lo racconto quello che è successo, perchè è mio. Tutto mio. Tutta quella gioia infinita e immensa. Mia, mia e mia.

E quindi se la volete vivere, aspettate che vostra sorella o la moglie di vostro fratello faccia due figli. Non gemelli. Ecco.

E quindi forse siccome ho iniziato parlando del Natale, che non gli voglio poi così bene, forse lui per me, è arrivato quel giorno, vestito da botta di culo. Non da ciccione rosso.

Po esse?

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