martedì 26 giugno 2018

Joe Sorren



Mai e poi mai avrei pensato di avere la possibilità di scrivere quello che sto per scrivere.
Ho inziato questo blog, anzi no.
Ricominciamo.

Se circa dieci anni fa avessi saputo che mi sarei ritrovato a porter scrivere di questo argomento, avrei pensato ad una domanda: "veramente?"


"Non pensavo che sarebbe potuto succedere a me".
Ed è strano scriverla così, sapendo che, almeno in questo caso ha un'accezione positiva, ubriaca, febbrile da quanto voluta, sperata e inattesa.

È successa una bella cosa.
Un traguardo piccolo ma grande grande è stato raggiunto.
E di dire cosa sia, quale esso sia, onestamente, non me ne frega molto.
Perchè quello che mi è sempre interessato, almeno e soprattutto in questi ultimi mesi è imparare qualcosa da ogni singolo momento che accade.
Che sia bene.
Che sia male.
Che sia lacrime di sale, o di gioia, non conta.

Ho imparato sulla mia pelle che solo chi raggiunge un risultato importante può capire veramente quanto sacrificio ci sia dietro.
Questo non vuol dire che chi non raggiunge un traguardo non sia conscio dello sforzo, ma raggiungerlo davvero rappresenta quello scarto (magari infinitesimale) che fa la differenza, che ti porta su quel punto più alto in grado di farti leggere meglio le cose. Anche perchè, senza mezzi termini, se lo sforzo profuso non porta a quel risultato, magari, serviva ancora quel qualcosa in più. Anche poco, ma serviva.

Devo dirlo, sì, per la prima volta, quello che è successo mi ha messo davanti a tante persone che mi stringevano la mano, che mi guardavano sorridendo, che mi battevano forte una pacca sulla spalla. Mi sentivo (nel mio minuscolo) osservato con ammirazione.

Sarebbe bellissimo non essere me, in quei momenti.
Vivere tutto quello che accade solo per come viene.
Zucchero quando zucchero, sale quando sale.
Invece no. A ciascuno la propria piaga, o croce.

Nella mia testa (bacata) avevo in mente tutto quel percorso che nessuno davanti a me, stringendomi la mano, poteva veramente conoscere.
Tutto quello che mi ero e sono lasciato alle spalle.
Le persone più vicinissime a me che speravano io cambiassi, io che speravo di cambiare, loro che si aspettavano che io fossi diverso o magari solo più veloce, per rendere l'attesa più breve, il traguardo più vicino e far volgere la maggior parte della mia attenzione anche ad altro. 
Il tempo ha voluto il suo tempo e niente è arrivato prima del dovuto.
E il tempo è padrone di se stesso ma anche di tutti noi.
E nell'attesa dei traguardi c'è solo una cosa certa, che il tempo passa e le cose vanno avanti. Spesso cambiando le cose. In maniera devastante.

Quindi davanti a quei sorrisi che mi venivano rivolti, pensavo che quando siamo tutti davanti alla tv e vediamo i grandi campioni che veramente fanno cose che rimangono nella storia, noi non abbiamo veramente la minima idea di quanto tempo e quali scelte ci siano dentro quelle lacrime che scendono dagli occhi verso il podio.
Non sappiamo niente. Vediamo la parte gloriosa e muoriamo d'invidia.
Come se quella fosse gratis.
Senza pensare a quanto quel nuotatore, quel corridore perde di se stesso ogni giorno nuotando 8 ore, correndo 8 ore.
Sacrificando tutto quello che il tempo non può dare oltre l'allenamento, perchè le ore sono quelle, e i doppioni esistono solo nelle figurine. 
Il girotempo di Harry Potter non puo darcelo nessuno.

E allora, siccome sono uno stronzo, sono addirittura arrivato a chiedermi:
Vale tutto questo?
Le strette di mano, i messaggi di persone che non sentivi da tempo che si congratulano, la soddisfazione per niente celata dei tuoi genitori, due cene a base di pesce freschissimo sorseggiando champagne, mentre la luna grande, serena (per una volta) e ferma si specchia sul mare quieto e caldo della sera.
Lo vale?

"Non può essere successo a me. Non può essere successo a me"
Questo mi ripetevo nel silenzio quando parlavo tra me e me, incredulo, sudato di vino.
Mi passavo la mano tra i capelli e cercavo voltandomi tra la gente i miei genitori con la semplice voglia di soffocarli nella mia stretta. Avrei voluto avere braccia lunghe chilometri per acchiapparli ovunque fossero e trascinarli a me. 

"Non può essere successo a me. Non può essere successo a me".
Pensando questa frase mi sono ricordato di quando me la sono detta mesi e mesi fa.
E ho imparato come sia tremendo che la stessa identica frase sia gioia e dolore, paradiso e inferno.
Ma che sia bello poterle dire entrambe per imparare qualcosa da tenere per sempre.

Ora sono in purgatorio, perchè nella speranza di continuare a vedere le cose nella loro verità e semplicità, sia quando sono belle che quando sono brutte, ho imparato che in ogni cosa brutta può esserci una cosa bella: perdere una persona e vederla crescere veramente altrove ti parla di continuità, del ciclo della vita e della sua forza, di amore in qualche maniera; e che in una cosa bella può esserci spazio per una cosa brutta: raggiungere un traguardo può farti sentire tanto appagato ma incompleto perchè quel traguardo si è portato via abbastanza di te.

Perciò sì, sono contento, perchè ho imparato qualcosa, e questo vale oro, anche se al tatto, era solo bronzo.




2 commenti:

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