domenica 27 maggio 2018
Rossi? Presente.
Esistono dei piccoli desideri scemi che ognuno di noi si porta dentro.
Non sappiamo esattamente da cosa dipendono, o meglio, di quale parte di noi siano figli, sta di fatto che esistono, si nutrono del nostro essere, in profondità e, di tanto in tanto, bussano.
Il piccolo desiderio scemo di questo post è il seguente: rivivere una settimana di scuola.
Una settimana al liceo.
Tornare oggi, dopo tanti (non tantissimi) anni e ritrovare le stesse persone con le quali hai condiviso una parte importante della tua crescita.
Ma con un cervello (speriamo) completamente diverso.
Forse migliore, forse peggiore, comunque cambiato in qualcosa.
Affrontare quella settimana con delle scadenze che hai dimenticato, ma che sono state la base della tua formazione.
Le interrogazioni sono diventate riunioni.
Il compito in classe, la presentazione al cliente.
La consegna, la promozione a fine anno.
Riprendere il motorino e svegliarsi (mai in tempo) per entare alle 8.30 spaccate.
Ritrovarsi in quel banco, circondato da facce tanto diverse ma così note.
Osservare come il tempo abbia lavorato e stia rendendo le curve meno dolci.
Vedere chi ha perso o sta perdendo i capelli.
Ridere sui chili di troppo.
Commuoversi sfogliando le foto dei figli.
Vedere se la scuola, a suo tempo, stava raccontando la verità sul potenziale di ognuno di noi.
Quanti di quelli che sembrano dei fenomeni, dopo la scuola, che imponeva loro un ritmo, si perdono per una naturale incapacità di saperseli dettare da soli, i medesimi ritmi.
Chi invece in questa libertà trova la via per espriemersi e scrivere la propria storia.
Aspettare il cambio dell'ora per raccontarsi nel tempo.
Per rivivere il passato celato in una coniugazione latina, in una equazione.
Respirare l'odore del legno dei banchi.
Cercare delle scritte che avevi lasciato nel bagno, in un momento di dispiacere, felicità, sciocco e immotivato vandalismo (diciamo una simpatica bravata).
Sperare che i bidelli, o il bidello, con il quale ti fermavi a parlare dalle 11.15 alle 11.30 (pausa medaglione) sia ancora lì.
Il tuo tempo passato è anche il suo. Probabilmente non lo troverai.
Ripensare al tempo speso in quell'aula, in quel corridoio.
Ripensare alle preghiere, alle ansie, ai momenti di incontrollata esultanza per un sei rubatissssssimo in latino, per un 5 (meno meno) in matematica.
Complimenti! Ottima scelta il liceo scientifico, comunque.
Rivedere i professori ormai quasi come amici, a cui raccontare cosa ne è stato di te durante tutto quel tempo e dirgli "grazie" per qualcosa che ti hanno insegnato semplicemente mentre stavano parlando di tutt'altro.
"Tutt'altro" ovvero ogni cosa di cui è fatta la vita.
Dover tornare a casa, mangiare, e rimettersi sui libri.
Fare, meglio leggere e studiare, cose che davvero non ti interessavano, peggio, non ti piacevano.
La Fisica. Una versione tangibile della noia. Un assaggio di inferno sulla terra.
Girare per i corridoi guardando le insegne sulle porte, nel silenzio rispettoso della conoscienza che in quegli edifici costruisce le sue basi.
1A-2B-5C
Per ognuno di quei cartelli c'era un pensiero diverso:
"Oddio non vi passa più"
"Mamma che botta la maturità. Pensa quando tocca a me".
Provare con il tempo il passaggio da non conoscere nessuno, quando sei appena entrato, a non riconoscerti più in nessuno, perchè sei ormai "grande" rispetto a tutti e stai per congedarti.
La sberla della generazione che arriva.
Essere in quinta (o quinto) e vedere i piccoli che entrano.
Pensare che eri anche tu così.
Vederli così poco impauriti, così poco rispettosi.
Per quanto la citazione non sia aulica Totti in un'intervista disse che quando era appena arrivato alla Roma, chiese il permesso per entrare nello spogliatoio della prima squadra.
E disse che questo ora accade raramente.
Cose importanti che si vanno perdendo.
Ecco, contare i giorni che ci separano dall'esame di maturità vedendo arrivare la nuova linfa, la giovane vita, che con il mento alto sifdano l'ignoto.
Sfrontati, pieni di energie, figli del vento che soffia forte, dell'entusiasmo, della più totale incoscienza.
L'ignoranza è meravigliosa a volte, distoglie dal calcolo, ci rende istinto.
Essere salvati dalla campanella.
La penna che scorre lungo il registro.
L'appello.
Il patibolo degli interrogati.
La faccia che diventa viola quando sai di non sapere.
La giustificazione.
Il torcicollo da "mi passi sto cazzo di compito di merda?!".
L'occupazione.
L'autogestione.
La firma falsa.
Le interrogazioni programmate.
Il concetto di "persone di merda" (quelli che non vengono con l'interrogazione programmata).
Un bacio in palestra quando non ci sta nessuno.
Il diario delle "femmine".
Il diario dei maschi (un foglio in bianco).
L'odio per il secchione.
La gita di fine anno.
"Guarda che gli piaci a quella della terza B!"
"Ma che ne sai?"
"Me l'ha detto una sua amica prima a ricreazione, dice se le chiedi di uscire".
"Ma che stai a dì? Quella è più grande".
"Eh mejo così svorti proprio".
"Madonna quanto è bona quella del quinto C"
"Se stai bene così, non c'hai manco er motorino. Uscite co l'autobus?!"
Entrare in seconda.
Uscire in quarta.
Saltare religione.
Smettere di fare educazione fisica perchè sudi e fa schifo.
Smettere di studiare fisica con l'approvazione silenziosa della prof (che c'ha messo na pietra sopra con te).
Iniziare a scrivere perchè ti sei innamorato.
Continuare a scrivere anche se non lo sei più.
La prof di Inglese che si congeda per maternità.
La prof di italiano che cambia sede.
La nuova prof di Italiano che merita di essere cementata.
La nuova prof di Inglese alla sua prima esperienza. La rivolta del popolo operaio.
Non studiare storia dell'arte.
Amare storia dell'arte.
Il tema di italiano che è cambiato con il nuovo ordinamento.
il vecchio ordinamento che ti piaceva troppo.
La scuola che cambia mentre ci sei dentro e non capisci perchè.
Cresci e non te ne rendi manco conto.
"Tardani e Bakie lasciano la classe uscendo dalla finestra prima del suono della campanella".
Scusate è personale ma bellissimo. Nota sul registro. Che darei per averla ora, con me.
I capelli prima lunghi, poi rasati, poi lunghi, poi solo come volevi.
I jeans stretti (che schiacciano ogni cosa rendendo i ragazzi pronti al canto in falsetto in ogni momento) che diventano bracaloni, che diventano tuta che diventano quello che trovi al volo prima di uscire che eri già in ritardo dieci minuti fa.
"Fa caldo aprite la finestra"
"Oddio che freddo dentro sta classe".
L'aula bunker (la chiamavano così perchè non aveva alcuna finestra).
Si stava sempre con le luci accese.
A giro, sarebbe toccata a tutti.
La lavagna e il gesso.
Il lancio randomico e assassino del cancellino.
Il cancellino che finisce sugli occhi di qualcuno. Ovviamente quello munito di occhiali da vista.
Quelli sempre single.
Quelle sempre fidanzate.
"Non esci mai con noi"
"Gli amici di classe sono amici solo dalle nove alle tredici".
Una legge silenziosa verissima e mai scritta.
Giugno. L'afa.
Telefono che vibra, sms, "Sbrigate che so usciti i quadri".
"A quello gli ha messo sei, c'aveva quattro, a me manco sette e avevo sei e mezzo".
"Ma che l'hanno promosso?"
"Oddio l'hanno bocciata!"
I crediti, i debiti.
Meno male che lo spread non era ancora così famoso, a suo tempo.
"Chi vuole andare a Praga?"
"Ma tu che porti per materia a scelta?"
"Ma che fai all'università?"
La sera prima del primo primo giorno di liceo.
La sera prima della maturità.
Cesare Pavese di merda, lui, la luna e tutti i falò.
La cena di classe, ogni anno. Due settimane per organizzare una pizza.
Gli amici che poi tieni per sempre.
Gli altri che perdi e che riguardi su facebook per capire che ne è stato di loro.
Quelli che si vedevano lontano un miglio avere davvero una marcia in più.
Quelli che di marce non ne avevano proprio.
Quelli che sorprendono, i più belli, perchè il tempo ha dato loro quello che altri non sapevano vedere.
Il preside nuovo che il primo giorno di scuola fa il giro delle classi per dire "buona scuola".
E quando se ne va ti guardi col compagno di banco per dire "cazzo vole questo?".
Perchè l'entusiasmo a scuola è sempre confuso con il controllo e la poca flessibilità.
L'amore per quello che si fa, ai più, confonde, infastidisce.
Il primo giorno a scuola col motorino.
Niente, in ritardo anche in quel caso.
La prof che un giorno come un'altro entra e invece di fare lezione inizia a raccontarti che essere grandi è difficile, che le persone possono anche non amarsi per sempre.
E tu pensi che ha i cazzi suoi, ed è vero, ma ti sta anche insegnando a campare.
Vedere "Il postino " di Troisi in classe perchè la prof di italiano ci sta dentro.
Usare un testo di Battisti come fosse una posia per insegnare cosa sia un enjambment, sempre perchè la stessa prof di italiano ha capito come si insegna, e nessuno la ferma più.
"Sua mamma sta male".
"È morta la nonna".
"Si sono mollati. Anzi l'ha mollata lui dopo due anni".
"Ma stanno insieme?"
La prima volta.
La seconda volta.
La volta che inizia a diventare familiare e ci prendi gusto.
La volta che lo racconti.
La volta che non lo vuoi raccontare.
E poi crescere, che palle crescere.
A suon di voti.
Di tonfi e lividi.
Smettere di andare a scuola, smettere di avere uno zaino sulle spalle.
Inziare a portare quello invisibile, dove dentro ci sta tutto.
Tutto quello che ti serve per rispondere, per capire, o almeno per cercare di inquadrare le cose.
Sentirsi grandi, quando lasci la scuola.
Sentirsi di nuovo piccoli, quando entri all'università.
La nostra dimensione non dettata dall'età ma dall'esperienza.
Quando non sai, sei piccolo.
Quando inizi qualcosa per la prima volta, sei piccolo.
E ti rode il culo. E la vita sta in quel rodimento.
Tu sei quella fame, quel fuoco, e non saprai mai quanto quell'ardore ti aiuterà a campare.
E la giostra si accende.
Il giro ricomincia.
Tua sorella entra in primo liceo.
La guardi con un ghigno strano. Un sorriso malinconico e beffardo di "chi sà", ma non ti vuole raccontare.
"Me lo potevi dire!"
Te lo dice lei quando capisce che avresti potuto evitargli un colpo.
Lo dici risentito a tuo papà quando senti che avrebbe potuto evitarti quella mattonata.
Niente cambia il fatto che chi ha sbattuto la faccia, e ti vuole bene, non ti evita il colpo, ti sta vicino ad ammoritzzare il dolore.
Perchè chi ti vuole bene sa quando è il caso di difendere e quando è il caso di curare.
E poi, oggi o domani, o lunedì tornare a scuola per una settimana.
Non attaccare più gomme sotto al banco, non copiare alla svelta quello che non hai fatto il giorno prima, cinque minuti prima della lezione. Primi momenti di sopravvivenza..
Tornare per vedere quanto sono alti i banchi.
Quanto sei alto tu.
Tornare per essere consapevole.
Perchè quando eri lì, quel momento era la tua vita di tutti i giorni e, forse, non eri così attento, e magari adesso lo saresti di più. E questa cosa non ti va mica tanto giù.
E poi sì, alla fine, fare pure una bella foto tutti insieme.
Che fai? Non la fai la foto di fine anno?
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Voglio ringraziare il Dr.ZAZABA per avermi aiutato con le sue medicine per le erbe che mi aiutano a rimanere incinta entro 21 giorni se sei là fuori a trovare difficoltà a rimanere incinta e mandare un'email a Dr.ZAZABA via email (zazabatemple@gmail.com) o Whatsapp su +2348129175848. Avevo 45 anni quando l'ho contattato per un aiuto sono incinta di 8 mesi ora lo contatto oggi per diventare una madre con la tua famiglia completa ..
Wow è bello essere di nuovo con la mia ex, grazie Dr akhere per l'aiuto, voglio solo farti sapere che sta leggendo questo post nel caso tu stia avendo problemi con il tuo amante e stia portando al divorzio e tu non vuoi il divorzio, Dr akhere è la risposta al tuo problema. O sei già divorzio e vuoi ancora che lui / lei contatti Dr akhere l'incantatore adesso (Akheretemple@yahoo.com) o whatsapp him su +2348129175848 e sarai vestito che hai fatto
Posta un commento