mercoledì 1 novembre 2017

Stranger but a bit less.



In questa foto tutti i protagonisti di Stranger Things. Sono tutti fighissimi. Ma uno li batte tutti.

Ma questa non è la cosa più importante di una delle serie più azzeccate di sempre, diciamo che è solo un risultato complementare, mai scontato, quindi eccezionale.
Questi giovanotti si mettono di diritto insieme alla gang di " The Gonnies" e insieme a loro diventano, sostituiscono o incorporano il concetto di avventura fantastica nelle fantasie di milioni di persone.


In fondo poco conta che "Stranger Things" sia un mischione di quello che il cinema americano aveva propinato in tutto il mondo tra anni '80 e primi '90, poco importa se questa serie mischia l'incredibile riuscendo a tenere il mondo incollato davanti ad uno schermo, e fondamentalmente, distruggendo (anche grazie al format Netflix) il concetto di "attesa per la puntata successiva".

La cosa che sembra veramente particolare è il fatto che nonostante in questa serie si veda tutto quello che fa parte della cultura americana, sembra appartenere ad ognuno di noi.
Forse il frutto di una serie di cambiamenti che hanno coinvolto il mondo intero; giusto ieri sera si festeggiava Halloween ovunque, anche dove fondamentalmente questo tipo di festività può essere vissuta in ogni modo ma non come un momento di aggregazione festosa. Eppure, sembrava anche "tua" in un certo modo.

Il senso di appartenenza a questa serie ha radici molto profonde nella cultura indotta dal cinema.
Frase importante direi.
Così come i libri un tempo costruivano la cultura, da tempo i film, le storie viste sul grande schermo, fanno la medesima cosa.
Guardare gli stessi film, quelli importanti come quelli del tutto dementi, crea una cultura condivisa, un senso comune, meglio emozioni comuni.
Tutti piangiamo e ci spaventiamo davanti allo stesso film, poco conta che sia prodotto in America o in Italia, basta vederlo e provare un'emozione.
L'emozione è il legame culturale condiviso.
Non più una cultura cinematografica, ma una cultura dell'emozione.
Provare un'emozione per la stessa cosa, anche se non vissuta insieme, inequivocabilmente ci fa sentire vicini, simile, ci lega, ci educa in un certo modo a considerarci davvero non diversi. Una volta per tutte.
Perchè abbiamo amato o odiato la stessa cosa.

Ecco quindi che aver visto film come E.T, The Gonnies, o Alien, da dove questa serie ha semplicemente preso a mani basse, ci mette tutti sul medesimo piano culturale;
è come se tutti avessimo già una base comune per osservare questa nuova serie ed emozionarci, perchè tutti lo abbiamo già fatto, a suo tempo, per i film citati prima.
Vedere Stranger Things è come vedere qualcosa che tutti già conosciamo senza ancora averlo mai visto.
I ragazzi perennemente in bicicletta, i mostri gelatinosi e tante altre cose sono costrutti già molto radicati nella nostra fantasia, quindi, nuovamente, vedere Stranger Things è come vedere come questi ragazzi che abbiamo lasciato circa venti anni fa sono cresciuti ma rimasti sempre gli stessi.
Li abbiamo amati perchè li conoscevamo già.
E se ci fosse, cosa non spero personalmente, una terza serie, probabilmente continueremo a seguirli, anche se già le avventure della seconda sono decisamente meno intriganti della prima.
Perchè?
Diciamo che il salto di qualità della serie stava tutto nella scoperta del mondo "sotto sopra", la genialità di un mondo oscuro "alla rovescia" è qualcosa che, oltre a non essere mai stato raccontato, è così assurdo da pensare che solo ascoltandolo da qualcuno gli avremmo dedicato gran parte, se non tutta, la nostra attenzione.
In questa seconda avventura, sono le introspezioni a farla da padrona.
Nove puntate di cui solo 3 fondamentalmente sviluppano la storia.
Le altre spiegano tutto quello lasciato in sospeso nella prima serie.
Non che sia male, anzi, ci dice che per costruire qualcosa, si ha sempre il bisogno (se si vuole fare bene) di pensare a tutta la vita di ogni personaggio.

In questa seconda grande avventura conoscendo già il sotto sopra, non ci sono grandi sorprese da scoprire o capire, solo il grande ritorno di qualcosa non del tutto chiuso.
Un mostro che vuole passare da un mondo ad un'altro non è poi questa grande idea, diciamocelo.
Purtroppo anche il legame tra il mostro e la creazione della Spia, vivono molto di un dejavu chiamato E.T., precisamente quando Elliot e l'amico venuto dallo spazio, diventano fondamentalmente un corpo solo.
Quando diventa però originale Stranger Things?
O meglio come?
Nel modo in cui esce dal problema.
Il linguaggio morse e fare addormentare il povero bambino per bloccare l'effetto spia resta davvero una bellissima soluzione.

Ci sono alcune domande che, molto schiettamente, possono essere fatte, tipo:
Scusate ma il poliziotto non poteva portare 11 subito davanti a quel cazzo di buco maledetto?
Eh in teoria sì.
Fondamentalmente tutto il casino si crea perchè il poliziotto continua a tenere nascosta 11 per otto puntate, dando a noi modo di scoprire tutto il personaggio, e una sorella Punk, ma di base lasciando che il mostro fotonico per poco non si mangi tutti.
Da un punto di vista della professionalià, il poliziotto, non mi è sembrato molto coerente.
Diciamo che sono dettagli.

Ammesso che questa serie è una di quelle in cui tutte le persone che amano la scrittura di cinema avrebbero amato, almeno, mettere una virgola sul copione, personalmente, avrei cambiato solo una cosa, il modo in cui 11 chiude il passaggio, o meglio, il modo in cui lei trova la forza per lasciare dentro il mostro.

Quello che distingue Jane (11) dalla sorella è esattamente il motivo per il quale 11 decide di tornare a casa. Lei sente una forte mancanza di affetto, amore che non ha mai veramente avuto intorno, se non dai suoi 4 amici e dal poliziotto che l'ha tenuta in salvo per lungo tempo.
La sorella Punk fa dell'odio, del senso di vendetta, il fuoco per entrare nella testa delle persone.
La sorella punk è senza anima, in qualche modo, cerca quelli che l'hanno trattata male e li uccide.
11 in questo, non riesce. Il bene che è in lei la tradisce nel momento di dimostrare che è proprio come la sorella.

11 davanti al passaggio ripensa ai consigli della sorella, quelli utili per spostare il vagone del treno. Cerca la forza dall'odio.
Sarebbe stato molto meglio se 11 in questo differisse completamente dalla sorella.
Che fallisse non riuscendo a spostare il vagone, lasciando in sospeso il perchè, deludendo loro e tutti noi, per poi scoprire, proprio davanti al passaggio, che è il bene, l'amore, il fuoco per raggruppare tutte le energie e chiudere i mostri fuori dal mondo vero.
Per poi allagare tutti con il sangue zampillante dai capillari distrutti del naso.

Ecco, se questo finale vi suona meglio di quello che avete visto, sappiate che è preso paro paro da Harry Potter, nella scena in cui combatte con Lord Voldemort e resta quasi schiacciato dal cattivone e dal flusso verde sparato dalla bacchetta magica.
Sono i pensieri dei genitori e degli amici, della nuova "famiglia" che aiutano Harry ad uscire dall' empasse e vincere la battaglia (non la guerra).
Se "copiano" gli sceneggiatori di Stranger Things possiamo farlo tutti.


Encomio e citazione d'obbligo per l'amore struggente tra Mike e 11.
Teneri e impacciati come un orsacchiotto e una giraffa di peluche che fanno sesso.
"I've never gave up on you" resta la frase d'amore più bella del mondo senza essere smielata e costruita.
In barba a tutti. Lui ci sperava. Ha vinto.


Insomma, ci è piaciuto?
Meglio la prima stagione, certamente. Ma sì.
Ma sfido ogni sedicenne a non avere un poster in camera di questi ragazzi.

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