venerdì 10 novembre 2017

Emy Winehouse, vino rosso.



Mi addormentai svenendo sul cuscino.
Cedendo al dondolare (inesistente) del mio letto.
Evitando di notare che il soffitto in realtà fermo, girasse come i meteoriti sugli anelli di Saturno.

Così salutavo la fine della prima sbronza della mia vita.

Non ero neanche maggiorenne.
Ci vollero non più di qualche birra.
Il giorno dopo mi svegliai come se non fosse successo praticamente niente.


Oggi.
Se disgraziatamente mischio un bicchiere di rosso e di bianco, mi ritrovo a sentire lo stomaco che gira come la centrifuga della lavatrice.
Se, davvero sbadatamente, decido poi, di mischiare una birra da aperitivo con un super alcolico, faccio prima ad andare al Gemelli (famoso ospedale di Roma) per farmi fare una lavanda gastrica, prima di rimettermi a letto.

Se sopravvivo ai languori delle bibite e metto la testa sul cuscino lasciando che la stanchezza vinca sull' alcol, ecco, il giorno dopo mi sveglio con due teste e sei occhi.
Vedo tutto come le mosche (che hanno notoriamente 6 milioni di piccoli occhi), sento tutto anche il ronzio di un' ape in Sud Africa.
Non parliamo della luce. Nemmeno il signor Dracula la teme fino a quel punto.
E poi fischia, sì, fischia tutto.
La sensazione amichevole della sciarpa di pile che dal palato si dirama per tutta la bocca.
Un batuffolo di lana tra i denti.
Una sete di sola acqua disarmante.
Bere aiuta ma non aiuta, perchè alimenta il languore.
Allora pane, fette biscottate, un toast, due toast, tutti i toasts nella plastica.
"Asciuga, ti prego asciuga", nemmeno avesse perso acqua la lavatrice in cucina.
Aspirina.
Pasta.
Soluzioni saline.
Implori e preghi che passi in fretta cercando di ricordarti due cose:
perchè sei finito così, di nuovo.
E che non hai più quei fantastici 17-18-19-20-23 anni.

Il tuo stomaco non è più lo stesso.
I tuoi reni, non sono più gli stessi.
Tu, non sei più quello di prima.

Solo che queste sbronze sconsiderate ti portano indietro nel tempo.
A quando vedevi quelli più "grandi" di te.
Avevi nemmeno 18 anni.
Ne avevi 15, 16 e osservavi quelli di 18, da poco patentati.
Ed erano un pochino grandi.
La macchina era la protuberanza della loro grandezza, rispetto al tuo figurino.
Osservavi quelli di 23, 24, quelli prossimi ai 30 anni.
E pensavi che quelli erano andati, che quei giovanotti avevano fatto il loro tempo.
Che quella era l'età del limite ultimo, della responsabilità.
30 anni, l'età della ragione.
Il luna park chiude.

Pensavi veramente che quella specie di giovani vecchi erano solo degli illusi.
Li ascoltavi dire "va bè 30 anni mica sei vecchio".
"Col cazzo" pensavi senza dirlo.
Tenevi il segreto, la giovinezza e l'irriverenza per te.
"Finiti" ecco cosa pensavi.
"L'ultima spiaggia", questo attribuivi alle loro sciocche (secondo te) scorribande del sabato sera.
Pensavi che loro non sapessero cosa gli stava accadendo.
Pensavi che non saresti mai voluto arrivare lì.
Pensavi che non saresti mai voluto arrivarci come loro.
In realtà il tuo senso di invincibilità ti faceva pensare che a te, quel destino naturale, non sarebbe toccato.
Tu saresti rimasto così. saresti andato oltre il tempo.
Tu saresti stato fuori dal cerchio della vita.
Un Peter Pan.

Solo che una volta che il sole è sorto sull'isola che non c'è, ti sei svegliato veramente.
Il tuo senso di invincibilità ha lasciato spazio al naturale processo di adattamento.
Ti sei arreso al fatto che anche tu sei diventato come quelli che osservavi con cura.

Quindi adesso tu sei quello che guardano i "millennial".
Quelli che tu chiami ragazzini.
Quelli che giudichi come se fossi così pieno di esperienza.

E se prima vedevi loro dall'altra parte prossimi alla tomba,
adesso
che sei dall'altra parte
provi uno strana sensazione, quasi come se fossi nel posto sbagliato.
Il cinema è giusto, la sala no.

I giovanissimi ti guardano, lo sai.
E più che giudicarli ti viene in mente quello che tu pensavi degli altri quando avevi la loro età.
Di quello che pensavi di uno che potresti essere tu.
E non puoi che arrivare a due conclusioni:
la prima è che in fondo, ok, il tempo è passato, e ci sta.
La seconda è che non è così male come credevi.
E ragioni sul fatto che magari questa consapevolezza di te stesso ti fa essere diverso.
Diverso da quelli che guardavi quando eri piccolo.
Sei attento a non cedere del tutto.
A stare in forma.
A giocare.
A continuare a giocare.
A prenderti sul serio, ma poi non così tanto.
A fare le boccacce allo specchio.
A credere che esistano delle cose che in realtà non ci sono per davvero.
Che nonostante tutto, forse, il miracolo che non invecchierai mai, e che resterai intorno ai 30, diciamo 35, potrebbe forse verificarsi.
O che puoi avere un corpo che dice 35 ma lavorare per una mente che dice "quando voglio 25 quando voglio 40".

Il punto vero è che alla fine fai un gioco strano.
Inizi a guardare quelli di 45? 50 anni?
Forse per sentirti più giovane?
Forse per capire come vorresti o come non vorresti essere, quando sarà?

Occhi che guardano altri occhi.
Ed il punto vero è che se quando hai 35 anni, tornando a quando ne avevi 23, 24 ti vedi davvero ancora (cazzo) piccolo, non innocente, ma con un culo ancora enorme da farti; quando ne avrai 45,50, cosa penserai di quel te di 35?
Soprattutto perchè quando hai 35 pensi di essere una persona matura.

Alla fine è tutto parte del processo.
Vedersi crescere.
Capirsi durante la corsa.
Conoscere noi stessi, fino a diventare il nostro migliore e peggiore amico.
Fare pace con tante cose, anche se stessi a volte.  
Con lo specchio.
O con il fiato corto.
Con il mal di schiena.
Con le rinunce.
Con i compromessi.
Con le ingiustizie sceme e quelle serie.
Con la retorica.
Con la messa in tv della domenica.
Con i sorrisi di cortesia, le frasi di cortesia.
Con le aspettative tue. Quelle degli altri su di te. Quelle tue su gli altri.
Con le delusioni.
Con la bile da delusioni. Le veglie da delusione. Le lacrime da delusione. Gli anni da delusione. La delusione da scoperta. La delusione da sorpresa. La delusione da conferma (la peggiore in assoluto). La auto delusione (forse anche peggiore di quella prima).
Con il fatto che la felicità è uno stato momentaneo.
Con il fatto che momentaneo significa che potrebbe durare pochissimo.
Con il fatto che proprio perchè momentanea e volubile,la felicità, è cosa rara.
Con il fatto che ogni cosa rara andrebbe cercata e perseguita. Aiutata ed alimentata per renderla durevole.
Con il fatto che si nasce da soli, ma che ci si può inventare qualcosa per non morire, da soli.
Con il fatto che i "cinepanettoni" vendono e ci saranno per sempre.
Con il fatto che le squadre forti nel mondo sono sempre quelle cinque sei.
Che nel tennis ci sono due fenomeni che si scontrano per epoca.
Con il fatto che, purtroppo, se non dai, il più delle volte non ricevi.
Con il fatto che "sbagliando si impara" è vero, ma se sei cocciuto (forse sciocco) sbagli e basta.
Con la stanchezza del venerdì.
Con la pigrizia (che è la cosa più bella del mondo).
Con la ciclicità del gusto, della moda, di tutto, che salvo rarissime eccezioni, si ripete.
Con tutto quello che ti fa sentire distante dal momento storico in cui ti trovi.
Con quello che consideri eccessivo.
Con quello che consideri riduttivo.
Fai pace con quello che pensavi degli altri, con quello che pensi ora di te, volendoti bene, perchè in fondo (forse) te la stai cavando bene, e fin quando pensi che puoi fare di meglio allora vuol dire che non hai proprio la tua età.

Perchè ti chiedi quel qualcosa di più.
Senza arrenderti, sotto nessun punto di vista.
E ti ricordi che allora era quello che pensavi, quando vedevi quelli più grandi,
semplicemente che avresti voluto continuare a chiederti di più.

Un chilometro in più, un bacio in più.
Senza strafare, magari senza farlo davvero (a parte i baci), ma tenero il tuo spirito vivo.
Perchè quello lì, lo spirito, non ha davvero alcuna età.

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