venerdì 1 settembre 2017

6-1 che spacca davvero, Andre.



Meglio di un bellissimo viaggio c´é solo scegliere un libro incredibilmente bello che ti faccia compagnia durante il percorso.

Sembra molto strano trovarsi a scrivere di un libro ormai giá tremendamente famoso, ammettendo pubblicamente di essere in netto ritardo rispetto alle tempistiche di uscita dei best sellers, ma in fondo, chissenefrega.

Sembra altrettanto strano ritrovarsi a scrivere per ringraziare un libro.
Dirgli pubblicamente "oh senti, cazzo, grazie".
"Grazie libro, grazie signor Agassi per averlo scritto (non da solo) in maniera tanto vividamente sincera e spregiudicata".

Grazie per averci portato, come seduti in una giostra, nei meandri piú segreti del tuo cervello tanto bello quando decisamente pieno di tutto quello che un campione non dovrebbe avere.
O almeno pieno di tutto quello che i non campioni pensano che un campione non dovrebbe mai avere.

Questo viaggio nella piú profonda intimitá di Agassi insegna diverse cose, una piú bella e vera dell´altra.

La prima, le persone talentuose che vincono in continuazione dominando la scena per anni, sono decisamente noiose.
La rivalitá che il libro porta alla luce, lunga e straziante, tra lui e Pete Sampras, sicuramente incorona il secondo come una macchina da guerra e trofei, ma senza dubbio anche come quello severamente meno completo o umano dei due.
Pete vince, Pete é sempre sul pezzo, sempre concentrato, sempre fottutamente numero uno. In cima a tutti.
Pete peró é noioso, non potrá mai scrivere di se stesso, raccontandosi in quasi 500 pagine, perché la sua biografia sarebbe un continuo di allenamenti e vittorie.
Un circolo virtuoso vomitevole e senza anima.
Il talento robotico di qualcuno che vede solo il prossimo traguardo e niente altro.

Ho rosicato, Andre, leggendo, mentre perdevi le finali o le semifinali con Pete.
Ma ero piú invidioso di te che hai conosciuto Mandela.
Ero decisamente piú aperto ad imparare da una persona che ha bisogno di qualcosa o qualcuno per cui combattere, per essere un vincente.
Vincere per se stessi, grazie alle tue parole, mi ha convinto ancora di piú che alimenta solo un profondo senso di solitudine, nascosto da una gigantesca celebrazione.
Avrai perso sul campo, ma onestamente, se rinascendo potessi scegliere, ecco, non avrei alcun dubbio su chi voler essere tra te e Pete.
Noia Pete, brutto Pete.

La seconda cosa é che, nella vita, quando nasci con un talento mostruoso, come quello di Agassi, puoi permetterti di mangiare "emotional food" tutte le volte che vuoi.
Puoi permetterti giri a vuoto.
Puoi permetterti di vivere di rendita.
Puoi permetterti di cadere, o peggio, di lasciarti cadere.
Di annegare in te stesso per scoprire chi sei, ogni volta che senti che qualcosa intorno a te o dentro di te sta, semplicemente, cambiando.
Con quel talento puoi permetterti di odiare tutto quello che fai.
Puoi permetterti di vivere con la tua stessa antitesi, a braccetto.
Puoi permetterti un sacco di belle e pessime cose.
E migliore di ogni altra cosa, puoi permetterti di starci tranquillamente sopra.
Di viverci, schifarle e schifarti.
Puoi guardarti allo specchio e dire "sti gran cazzi", perché sai che quando vuoi, puoi semplicemente rimetterti in sesto, e che quel momento di discesa altro non era che un allenamento atto a conoscere quando in basso puoi sbattere la tua persona.

La terza é tutta in una frase: la vittoria é un sentimento che svanisce presto mentre la sconfitta resta molto piú a lungo dentro di noi.
Cazzo quanto é vero.

La quarta, il talento da solo non basta davvero mai.
Tutti i reali successi raggiunti sono dovuti comunque a periodi di durissimo e perpetuo allenamento.

La quinta, per raggiungere un obbiettivo importante, avendo di base delle doti notevoli, richiede una lavoro nello studio dei dettagli davvero mostruoso.
Ogni sconfitta aggiungeva non tanto o solo una delusione, ma qualcosa su cui lavorare, qualcosa da cambiare del tutto o migliorare.
Ne consegue che dalle vittorie si impara davvero poco.

La sesta, gli occhi dell´amore sanno vedere le cose modo davvero diverso.
Parliamoci chiaramente, Steffi Graf non é mai stata bellissima. Una campionessa per caritá, ma solo lui sulla terra la vede manco fosse la madonna scesa in terra.

Quindi ecco, Grazie, anche solo per avermi insegnato che essere perfetti o anche solo cercare la perfezione é veramente una cosa di una monotonia straziante.


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