lunedì 29 maggio 2017

NON AVERE PAURA MAI, MIO CAPITANO.



Roma é una cittá molto simile ad una vecchia puttana.
Ti ammalia a convenienza.
Roma é la cittá in cui le persone che ci vivono danno la colpa a Roma.
Nemmeno fosse un´entitá.
Roma é una cittá spaccata.
Una cittá di pigri arraffoni, bugiardi e simpatici piacioni. 
Una cittá di genuini ingordi, di geni passionali, ladri de polli e di gran rosiconi.
La cittá della malinconia infinita.
La cittá del vuoto e del rimpianto.
La cittá del sentimento e del rigurgito.
Della politica pesante, della gente bene e dei burini ripuliti.
Dei semplici.
La cittá delle pastarelle la domenica.
La cittá della Roma.
La cittá della Lazio.
La cittá di tutti.

Ma Roma ieri apparteneva ad una sola persona.
E questa persona ha fatto accadere qualcosa, ieri, a Roma.

Roma ieri si é svegliata, meglio risvegliata. 
Stordita manco avesse preso un sacco di botte.
Si é svegliata piú vecchia. Di 25 anni, e i romani con lei.

Ieri, un giovane calciatore di 40 anni, nato a Porta Metronia, mascherato da Tempo si é tolto il costume e, inequivocabilmente, ha ricordato a tutti che nessuno di noi é immortale.
Che niente, in questa vita maledetta, é per sempre.
Ha ribadito e convinto, senza appello, che ogni volta che un essere umano dice "per sempre", mente a tutti e a se stesso.

Tu, caro giovane uomo, immortale nei ricordi e nei nostri cuori romani e romanisti, ci hai trattato come fossimo tuoi avversari, ci hai dribblato, sciocchi noi invece di seguire la palla, come insegnano ai bambini, seguivamo i piedi (perché troppo belli da vedere) e siamo rimasti tutti fregati.
Ci hai sussurrato all´orecchio, ci hai illuso che tu saresti potuto andare oltre il tempo, oltre lo spazio. E piú ti si guardava e piú ci si credeva.
Come davanti ad un gioco di magia, ci siamo voluti illudere che tutto quello che sapevi fare con i piedi, fosse solo l´anticamera di un trucco ancora piú affascinante; la tua immortalitá.
E´stato tanto bello il volo quanto forte il tonfo, simpatico spaccone dai piedi fatati.
Cosí come hai iniziato il trucco, hai chiuso il sipario, piangendo, come un mago a cui hanno scoperto il trucco, davanti a milioni di persone che, come spettatori mai sazi di emozioni, continuavano a chiedere ancora una magia in piú.
Come si dice proprio a Roma, c´hai lasciato co na mano davanti e una de dietro.


Ora che, come ci hai voluto insegnare tu, siamo tutti un pochino piú grandi, possiamo solo ricominciare da capo, pregando che il destino ci porti un nuovo figlio di Roma, capace di saperla ammaliare, capace di saperla aggirare e guidare; un nuovo prodigio, 

perché solo di una cosa nessuno a Roma sa fare veramente a meno: la grandezza.

Mentre aspettiamo, una cosa, semplice semplice: grazie.

Non per quello che hai fatto sul campo, ma per quel momento di estrema serenitá che ieri hai saputo costruire. Per aver fermato il tempo, ieri e per 25 anni.

Roma cosí bella, cosí unita, cosí pura non si vedeva da tanto.
Ieri, sei riuscito a calmare gli animi, a far credere che ognuno di noi, con un gesto di forte determinazione lontano da tutto ció che viene chiamato modernitá, illumina e traccia un cammino a tutti gli altri.
Le strade vuote della cittá, le famiglie con tutte le generazioni erano davanti alla tv, nemmeno avessero inventato la Rai il giorno prima.

Era bello, bello essere di Roma, meraviglioso (una volta tanto) essere romanisti e percepire quel profondo senso di sana invidia di chi di Roma e romanista non é, perché di coppe e di scudetti se ne possono pure vincere, ma di Francesco Totti ce ne sta soltanto uno, e tu, per sempre capitano, sei stato, sei e sarai per sempre solo NOSTRO.






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