sabato 19 dicembre 2015

Interrogazioni.


Di solito arrivano in momenti silenziosi.
Quelli lontani da tutto e tutti.
Hanno due tipi di vestiti.
Diciamo che il più delle volte, i pensierini interrogativi, sono di pelle nera.
Nera nera.
Altre però, non si sa come mai, arrivano vestiti di seta.
E lasciano respirare.
Pensare, ma respirare.

Sono quei pensieri che si fanno mentre si nuota tra le alghe.
Quando un pochino ci lascia andare.
La pinna non si muove e la corrente ci trasporta,
Se siamo fortunati per un pochino becchiamo anche quella calda.
Dove ci trovi anche qualche tartaruga con un sacco di memoria.
E si sa, i pesci non ne hanno molta, quindi diciamo che hanno più bisogno di essere aiutati.
O seguiti.

Insomma arrivano, i pensierini interrogatori.
Perché in fondo quando si arriva nel nuovo lato dell'oceano è inevitabile fare un po' di conti.
Capire dove si è, dove si era poco prima.
Capire cosa sia successo. Come siamo arrivati veramente fino lì.
In che modo ci siamo arrivati.
Le ferite sono valse?
Che ferite sono?
Fanno ancora male?
Quello che troverò, o quello che vedo vale la cicatrice che dovrò portare addosso per un bel po'?
Tante domande si risolvono in modo semplice: il tempo lo dirà.
Ma per altre è evidente che non serve aspettare il cambio di corrente, nà.
Perché per alcune cose i pensierini sono di carattere più generico, o generale (a sapere la reale differenza).

Se le fasi della vita di pesce cambiano.
Se le cose cambiano.
Se le persone cambiano, tutto quello che abbiamo provato prima, se non resta con noi, ha senso?
Ha avuto senso la fatica?
Il piacere?
L'amore o il dolore?
Ha senso aver nuotato così tanto dall'altra parte pensando che quello sarebbe stato il posto giusto dove piazzare la conchiglia, se poi alla fine la corrente, o la pinna, o entrambe ti hanno portato da un'altra parte.

L'amore è un'illusione?
Esiste davvero?
Serve per imparare come difenderci la volta dopo?
Per alzare l'asticella, il muro dell'egoismo, per rendere l'esperimento successivo ancora più difficile?

O forse se ci si ritrova a farsi queste domande era perché siamo fortemente disillusi.
L'amore vero non esiste.
O forse esiste ma è solo uno, quello che poi non finisce.
E quelli prima cosa sono?

In un film scemo ma simpatico, uno dei (non) protagonisti ha la capacità di conoscere ed elencare tutti i futuri possibili.
Uno spasso.
Lui ti dice “se adesso mangi quello inneschi il futuro in cui“, oppure “se non fai quello, invece entriamo nel futuro dove“.
Allora forse l'amore non è quello?
Un incastro.
Decisamente perfetto.
Senza ombre.
Magari con qualche difficoltà di percorso.
Ma è quello in cui alla fine i momenti base, cacchio, combaciano tutti.
Fortuna? Calcolo?
Rabbia.

E' nella nostra natura cercare la semplicità, oppure no?
Una cosa semplice, dritta, facile davvero.
L'amore non dovrebbe venire giù dritto così? 
A piombo.

Oppure la costanza è la moneta di questo maledetto sentimento che parla col sudore, con la corsa, con i mal di pancia e le farfalle maledette.
Ma sì, odiamolo tutti ogni tanto.
Tanto lui fa sempre come gli pare.
E noi stiamo qui a chiederci se esiste davvero.
Quando qualcuno fa di tutto per spiegarci che è solo un discorso molecolare.
Certo vallo a dire al povero cristo che fa le tre di notte in macchina sotto casa della sua “boh, forse, non lo so“ fidanzata nella speranza di non vederla tornare con qualcuno altro.

Amore è immaginazione.
Non nel senso che non esiste.
Ma la capacità di vederci nel futuro nello sguardo di un'altra persona.
E' una maledetta intenzione l'amore.
Quel sussulto, quella smorfia che vale tanto più di mille parole.

L'amore lo capiscono le persone anziane.
E vedi che se lo chiedi sull'autobus a due signori che si tengono mano per mano, seduti, che non ci vedono nemmeno tanto e si ricordano ad ogni fermata quale sia quella in cui dovranno scendere, non ti rispondono.
Perché l'amore è un segreto.
Un segreto che va scoperto e condiviso solo con chi lo scopre con noi.

Mi dispiace, fatti il culo e scoprilo da te.

Che belli però due signori anziani che si tengono la mano sull'autobus.
Che si guardano.
E sono ancora lì.
Dopo tutto.
Sono ancora lì.


Quindi risposte zero?
Eh già.
Che ti aspettavi scusa?!

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