domenica 29 gennaio 2012

Le parole che non ti ho detto

Niente è più appropriato del cinema quando si deve parlare di qualcosa che solo nella tua immaginazione avevi potuto creare, o che, solo in bel film avevi potuto vedere.
Il più romantico dei film di Kevin Costner è lo spunto per raccontare quello che già tutti ormai hanno visto ma che, almeno in chi scrive, ha suscitato un sottile senso di libertà, compiacimento e gratitudine.
I talk show di politica, sono l'edizione settimanale del mondiale di fioretto, non serve aspettare le olimpiadi o sintonizzarsi sul canale digitale della Rai, basta guardare tutti quei pallossissimi programmi che durano fino alle undici e mezzo, poi collassi, disgustato, e vai a letto.
In questi bellissimi programmi passi il tempo cercando di capire dove sia la verità di quello che stai ascoltando, o meglio, tenti di tenere il filo tra chi parla, chi interrompe, di cambia discorso per riprendere l'argomento dell'affermazione precedente, chi risponde alla contro risposta e chi parla sopra alla contro contro risposta.
Tutto questo sarebbe forse interessante e utile se non fosse che non si discute mai sulle diverse posizioni, tipo: io bianco tu nero, io dentro, tu fuori; il più delle volte è la dialettica che la fa da padrona. Per questo Berlusconi inizialmente fece piglio sulla gente, diceva semplicemente che si facevano tante parole e pochi fatti (quello che lui non ha ben capito è che poi anche i fatti hanno la loro importanza).
Le parole librano fluttanti nell'aria dello studio televisivo dove l'unica cosa che conta sembra essere chi parla meglio e riesce a dimostrare che ha fatto, nel peggio, meglio di quello che c'era prima "Avete fatto cinque!", "Ma zitto che voi avevate fatto quattro".
Sembra un labirinto di parole il cui unico obbiettivo è quello di parlare e impegnare tempo, per il piacere, solamente loro, di ascoltare il gradevole suono delle loro stesse parole.
Quante sere passate ad ascoltare tutto questo sul divano e pensare, anche ad alta voce "Ma che dice questo?", piuttosto che "Ma come è possibile se un chilo di pane costa tot?", o peggio "Ma in che cazzo di paese vive questo qui, e pensare che credevo che ci capisse qualcosa". Tutti, senza differenza parlano, sembrando alieni in questo paese che sembra tanto simile alla tragedia della nave Costa. Allegorie tremende che dovrebbero aprirci gli occhi, facciamolo bene perchè "è buio" a volte.
Ed ecco che finalmente un signore con il casco da lavoro, prende il microfono e dice quello che tutti noi abbiamo sempre voluto dire a loro, si fa voce, e usa un linguaggio scurrile, passando anche per cafone, ma è bello e giusto così.
Parla per tutti, la sua bocca dello stomaco è la mia, la sua, e anche la tua.
Questo signore non regge, le sue orecchie non possono ancora ascoltare certe cose e finisce per dire la cosa più bella " Castelli, non rompere i coglioni a me, perchè a me i coglioni non me li rompi tu".
Lo stomaco si allarga e finalmente qualcuno lo ha detto, che il tempo delle chiacchiere è finito e c'è chi la mattina si sveglia e sa che una bombola del gas costa 45 euro, ed è per quello che lui può permettersi di parlare in quella maniera, come una mamma che fa la spesa, un papà che cambia l'olio e un ragazzo che compra l'abbonamento della metro, tutti quelli che vivono davvero possono parlare e sì, dirti e dirvi di non romperci i coglioni.
Ma loro, l'avranno capito?

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