mercoledì 26 gennaio 2011

Stronzo, forse ladro, ma maledettamente bravo.


Parla l'invidia per chi, in fin dei conti, che sia vero oppure no, che l'abbia "presa in prestito e migliorata", ha partorito l'idea del millennio. Ha cambiato il mondo Mark e, almeno per come dice lui, il suo obiettivo era quello di far condividere le emozioni, le esperienze, la vita di tutti con tutti, o almeno con le persone a cui credi di volere bene. Vive di eccessi e c'è chi inizia a dire che la curva di attenzione nei confronti del social, in Inghilterra, stia già iniziando a scendere, forse perchè prima o poi la necessità del contatto fisico reale vince su quello digitale (fosse vero!).
Quello che spesso spaventa chi scrive è che il più delle volte uscendo in strada la parola di questo social sembra essere fra le prime dieci nel parlato comune; taggare, postare, in privata, rientrano ormai in un vocabolario dove termini come forwordare si sostituisce a quello più semplice e nostro (te la giro).
Anche il lavoro ne ha risentito, già, esistono delle scuole di specializzazione che avvisano i loro studenti che il profilo del più famoso dei social è parte del giudizio in base al quale vengono, poi, scelti i talenti da inserire nel mondo del lavoro.
Pensateci, la foto che vi ha fatto di soppiatto il vostro amico, mentre vomitate, alla festa della vostra laurea può costarvi caro, in certi casi.
Questo perchè in fondo il nostro profilo racconta una storia, la nostra, parla apertamente di noi, è la nostra estensione digitale, anche per questo molti ne costruiscono una del tutto diversa da come effettivamente sono, però il più delle volte prevale la serietà anche quando si potrebbe fare tranquillamente l'esatto opposto.
Le stessa storia che parla di noi, può raccontare quella di questo social, per questo il giovane ladro genio ha pensato una cosa comunque davvero interessante, che si basa sempre sul fatto che, almeno secondo Fb, le persone vanno in rete perchè sono interessate ai cavoli degli altri (visto il successo come dargli torto ormai?).
Mark, o qualcuno per lui, ha creato un'applicazione dove ci sono circa 500 storie, interessanti e meno, del rapporto di queste persone con il social dalla bandiera blu.
Un libro in cui ogni persona è un racconto.
Oltre l'invidia però rimane sempre il dubbio che, chiunque ora abbia otto-dieci anni, non avrà mai modo di vedere la vita nel modo in cui l'hanno vista le persone prima del social, ma potremmo dire la stessa cosa anche per chi è nato quando la banda larga era nota come la buccia di banana.
L'intento del biondo dai neuroni potenziati, almeno per come la racconta lui, era buono, forse è stato distorto da chi ora ne fa una questione di vita, sociale per davvero, senza pensare che una volta chiusa quella finestra, davanti a se ha un panorama davvero più bello delle storie che trova lì dentro.
Oppure non è più così?

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