venerdì 31 dicembre 2010

Ultima buca dell'anno.


Il modo giusto per salutare questo bellissimo 2010, o meglio, per renderlo ancora più inidelebile nella memoria è arrivato ieri, così, dritto come un bel calcio nel sedere.

Siamo in macchina. Alla guida un ragazzo con in testa lo zuccotto di lana. All'interno dell'abitacolo la temperatura raggiunta dal climatizzatore si aggira intorno ai 23 gradi centigradi. Direzione stazione Termini, Roma.

Improvvisamente l'attenzione del ragazzo viene rapita da un leggero tremore che ha come epicentro il lato anteriore destro della macchina. Il tremore cresce con l'aumentare della velocità e, solo a tratti, assolutamente irregolari, sembra desistere.
Il ragazzo, ignaro in materia di tremori, o cose che accidentalmente possono causare tali anomalie all'interno o all'esterno della macchina, seppur decisamente preoccupato, arriva a destinazione, cercando di pigiare pochissimo sull'acceleratore.
Arrivato all'uscita della stazione, dove accoglie la sua amica, giunta per passare il capodanno nella capitale, viene immediatamente avvisato che la gomma, esattamente nel lato anteriore destro è praticamente aperta in due.
Il ragazzo fa il giro della macchina e quel pneumatico schiacciato dal cerchio in lega ha tanto l'aria di dire, senza mezzi termini, "Buon anno anche a te".

La stazione Termini è lo sfondo migliore per la scenetta che si viene a creare e che, ovviamente, durerà come il migliore dei film 180 minuti.
La zona è densa di: ristoranti, bar, profumerie, alberghi di ogni genere, tavole calde dai diversi sapori e odori, fast food, punti cambio denaro, studi legali, studi di investigatori privati, negozi di tarocchi e cartomanti, dolcissimi punti vendita pieni di caramelle dai mille colori diabetici ma, ovviamente, nemmeno l'ombra di officine, gommisti, autofficine, autoricambi.
Il ragazzo, fortunato, riesce a parcheggiare utilizzando lo spazio per il deposito bagagli degli autobus di linea che portano gli stranieri all'aeroporto, o che sono da poco arrivati a Roma. Il primo dialogo è con il vigile che, molto civilmente, chiude un occhio, ma non il buco sulla gomma.
Abbiamo il visto, a tempo determinato, per tenere il veicolo parcheggiato e tentare di rimediare.
Non si dà per vinto il ragazzo, la cosa è già successa, una gomma a terra non sarà certo un problema.
Esiste un kit specifico nel portabagagli con il quale alzare il veicolo, smontare la ruota infortunata, montare quella di riserva e partire per lidi più soleggiati.
Il ragazzo è ancora più fortunato, trova anche un paio di guanti. Non si sporcherà le mani. Gran botta di culo.
Tutto procede con entusiasmo, la sua amica lo guarda col sorriso, convinta che, la sfortuna verrà spedita lontano come una palla nel migliore dei "fuoricampo".
Entrambi si illudono. Non conoscono il lanciatore.
Lui, ha un asso nella manica, ha preparato un lancio ad effetto effettato, quasi ti sembra di aver capito la traiettoria quando la direzione cambia improvvisamente, verso il basso, portandoci anche le speranze di lasciare il lanciatore a bocca asciutta.
In sintesi il cric funziona, la macchina si alza, la chiave gira il primo di quattro bulloni, gli altri sembrano cementati. La palla ha iniziato il suo cambio di traiettoria.
Il ragazzo spinge, schiaccia, salta su quella chiave tentando con ogni forza, ma le viti sembrano piantate dentro come parte del cerchio e, in ferie, non hanno la minima intenzione di muoversi di lì.
Dopo almeno venti minuti di tentativi, inizia il teatrino.
Primo tentativo di aiuto: il conducente di un autobus privato.
"Aspetta ti aiuto io". Ma quando mai, la sua giacca verde blu cambia quasi colore per lo sforzo, niente da fare. I bulloni vincono. Battitore eliminato.
Secondo tentativo: un ragazzo dall'accento toscano con un trollie che vanta specializzazioni ben precise a riguardo.
"Sci penso io dai, che faccio anche il gommista". Neanche per idea, anche la particolare professionalità viene mandata a quel paese dai bulloni, che spavaldi e comodi, restano esattamente al loro posto, senza nemmeno ruotare di un millimetro.
Secondo battitore eliminato.
Terzo tentativo: macchinista delle ferrovie. Non vanta nulla, ci prova e basta. Ormai è quasi come ne "La spada nella roccia", probabilmente pensano che chiunque tolga la ruota possa poi portare la macchina a casa. Si sbagliano.
Comunque il macchinista ci prova, si danna l'anima, poi sconfitto, consiglia il numero di un meccanico sulla Tuscolana, del quale, però non ricorda il numero. Nell'immediato svanisce come nebbia quando sorge il sole.
Quarto tentativo: lo straniero dai capelli rossi. Lui, forse irlandese, suggerisce, in lingua, una strategia d'aggressione. "You have to hit. Stronger you can".
Addirittura toglie il cric da sotto la macchina e lo usa per fare leva sulla chiave che ora, a forza di tentativi, sembra anche aver perso la sua forma regolare, in gergo, si sta "spanando", diminuendo le sue capacità di risolvere il problema.
Ad ogni modo è strike, battitore eliminato.
Dopo circa 80 minuti, un signore della zona consiglia al ragazzo di raggiungere un negozio di ricambi auto, magari loro sono in possesso della così tanto famosa "chiave a croce", ella, e solo ella, potrebbe risolvere il problema, perchè la sua forma riesce meglio a concentrare sul bullone la spinta della persona che tenta di svitare.
Le forze si dividono; il ragazzo si dirige, stanco e sfiduciato, verso questo negozio, la sua amica resta impegnandosi e sbattendosi (di brutto) nel fermare ogni persone chidendo, forse implorando, a tutti i passanti, di ogni genere e nazionalità una chiave a croce. Tutto questo con una fame pazzesca (sono le 13:45).
Il ragazzo corre veloce verso questo negozio non distante dalla stazione termini, lo raggiunge, la vetrina è piena di pezzi auto e tutto sembra suggerire una veloce uscita dal coma irreversibile. L'entusiasmo viene frenato inesorabilmente da un foglio di carta appeso alla porta, scritto a penna, pessima grafia, dice "Riapriamo alle 16, oggi fino alle 21". Anche la grammatica non è di quel pezzo di carta.
Il ragazzo perso d'animo, come in balia del mare in tempesta, sconfitto ma non fino in fondo, continua a cercare in giro per la zona. Sente che troverà qualcuno, qualcosa, insomma, pensa che tanta sfiga possa comunque bilanciarsi con un piccolo barlume di fortuna.
Il barlume di materializza in un signore, che, al centro di via Merulana, sta aggiustando un fiorino bianco del 1998. Il modo di utilizzare gli attrezzi, la cassetta poco distante da lui e la sicurezza nei movimenti, fanno credere che sia un meccanico.
"Mi scusi", non segue risposta.
"Mi scusi, signore", non segue risposta.
"Signore, lei, sotto il fiorino".
Il signore sbuca da sotto il fiorino con la faccia impiastricciata di olio e grasso, una camicia che raccontava la sfida tra un carburatore e la coppa dell'olio, e due occhi che sembrano dire "ma che vuole questo" chiede
"Dimmi"
"Lei è un meccanico?"
"No"
"Ah, perchè avrei bucato e un bullone si toglie, gli altri tre no"
"Come no si toglie?" Accento straniero. Sbuffa, sta pensando che il ragazzo sia il solito imbranato, che ha paura a sporcarsi le manine.
"Ah, guarda io finito qui, mi manca la cinghia, dame quindici minuti ce vengo io"
"Ah ok grazie".
Passano quaranta minuti. Quattro telefonate dell'amica. Una fame che ormai ulula e mille parolacce sparate al vento.
La macchia di olio con le gambe, il non meccanico, finisce il suo mestiere, il fiorino, acceso il quadro e girata la chiave, riprende a rombare, insomma, sembra più un polmone che pieno di ruggine, ma almeno dal tubo di scappamento qualcosa esce, il motore è vivo.
In cinque minuti entra nel retro del fiorino e prende una chiave, non è quella a croce, seppur messo in guardia, lui è convinto di farcela.
Il ragazzo e il signor "fiorino messo a nuovo" si incamminano verso la stazione quando squilla il telefono.
Qualcuno, forse il divino, ha mandato vicino alla macchina una signora che, in passato, si era trovata davanti allo stesso problema e che, aveva nel portabagagli la famosa chiave a croce. Lei, insieme al figlio, aveva svitato i quattro bulloni, lasciando alla ragazza, o meglio al suo amico, il compito di toglierla e sostituirla con quella di riserva.
Con affetto e senza nemmeno farsi offrire un caffè l'uomo che avrebbe dovuto risolvere il tutto si lascia congedare.
Il ragazzo ora corre verso la stazione, giunge alla macchina e finalmente è in grado di togliere quella gomma bucata. Che il signore la maledica, insieme ai quattro bulloni.
Con velocità la sostituisce, avvitando gli stessi bulloni in men che non si dica.
La macchina ha una nuova ruota. La macchina parte. La macchina porta i ragazzi a pranzo.
Sono le 16:15 quando la pasta al pesto riempie lo stomaco dei due ragazzi.
Ora in cucina, siamo al 30 dicembre del 2010.
Chissà per il 31 che ci attende.
Chissà per tutto il nuovo anno.

Nessun commento: