giovedì 18 novembre 2010
Barometri.
Una delle cose peggiori che una persona possa accumulare nella propria vita è l'esperienza. Diamole il giusto merito di evitarci sorprese, sì, diamole un encomio, un buon voto per tutte le sole che è riuscita a farci evitare, per tutti quei bivi nei quali abbiamo saputo scegliere la strada giusta, e che, tirando un bel sospiro di sollievo, si sono poi rivelati la scelta giusta, almeno per noi, almeno in quella circostanza.
Mettiamola però in croce per tutto quello che ci evita, giudichiamola anche per quello che effettivamente non ci permette di poter vivere: la scelleratezza, l'improvvisazione, quel brivido che si sente sotto pelle quando crediamo, senza mezzi termini, di andare dove sembra buio, di prendere pali, di cadere nel fango o semplicemente di raccogliere una bella sfida.
L'esempio personale più banale che viene in mente è indiscutibilmente legata al primo bacio. Vai, prendiamo il mood tenerone.
Il primo bacio dello svergognato autore di questo blog, molto simile alla scimmia che si copre gli occhi nella barra orizzontale, è stato assolutamente casuale, probabilmente cercato ma non del tutto voluto.
Estate nel mezzo tra seconda e terza media. Era il periodo in cui il "bomber" era il giacchetto giusto insieme alla commerciale spinta e l"SR Aprilia" era il motorino senza il quale non saresti mai stato davvero qualcuno. Bene, metteteci i capelli corti, il caldo di agosto e siamo tutti lì.
Ero a casa di amici, situazione gancio creata appositamente da alcuni di noi per avere campo libero. Il piano era semplice "le portiamo lì e vediamo che succede. Oh, il primo che arriva a meta è il più figo".
Ad altri miei amici era già successo, quindi l'ansia di restare l'ultimo era fortissima in quelli di noi che erano rimasti indietro, l'estate era agli sgoccioli, non si poteva uscire fuori dal gruppo, soprattutto per questo genere di cose.
Ero infantilmente fidanzato con una ragazza di un anno più piccola, Manuela (che oggi all'attivo ha un marito e due figli in allegato). Lei era moretta, carina, occhi blu e una parlantina davvero infinita. Spesso i miei amici mi chiedevano di superare l'imbarazzo, baciarla, almeno per farla stare zitta. Io, avevo provato più di una volta, ma la morsa allo stomaco vinceva sempre contro la voglia di provare la sensazione delle labbra umide. Le domande erano tantissime: ma come si fa? Ma come devo fare con la lingua? Ma devo girare, roteare? La devo mica nascondere? E soprattutto, come cacchio respiro? Panico totale, assolutamente da dissimulare.
Arriviamo al sodo. Salotto, io, lei, e altre tre coppie sparse appartate. Luci soffuse, due cavolate solite, tanto lei sapeva, io sapevo, era solo questione di muovere il collo oltre il limite sancito dalla pubertà. La baciai e tutto venne in maniera davvero spontanea, accompagnamento delle labbra a pesce, respirazione nasale non fastidiosa e roteazione regolare della lingua intorno a quella della mia bella.
Ci staccammo, non ricordo dopo quanto.
Tornando a casa, portato in gloria dal gruppo, nemmeno avessi vinto la champions league mi fermai a pensare. Probababilmente l'avevo baciata più per essere come altri che per volontà e ci rimasi male. Era stato il mio primo bacio e, al netto dei sorrisi, l'avevo sprecato. Niente e nessuno avrebbe mai potuto ridarmi questa occasione.
L'esperienza mi dettò una regola: la prima volta, quella vera, deve essere con qualcuno di cui veramente sento il bisogno. Quel bisogno.
Per esperienza, maturata dalla reazione che ognuno di noi ha, o magari solo io, spesso decidiamo di fare una cosa piuttosto che un'altra, pensando che la nostra reazione sia ancora una volta la stessa, quella già provata in passato. Cosa però ci dice che sia giusto vederla così? Se il tempo passa e noi, magari, cambiamo, cosa ci dice che fare qualcosa che riteniamo distante da noi, effettivamente, lo possa ancora essere veramente? L'esperienza ci vieta di metterci alla prova in qualche modo. Preferiamo essere sicuri di noi stessi più che accettare di poter fare qualcosa di diverso da come siamo abituati a vederci? Potrebbe questo essere un discorso universalmente valido? L'amicizia per esempio, possiamo credere che per noi il concetto di dare o ricevere amicizia sia sempre lo stesso? Siamo pronti a cambiare modo di intendere il darla o riceverla?
E forse, non è la stessa esperienza che ci fa cambiare idea sulle cose? Sembra di sì.
Allora se le diverse esperienze cambiano diametralmente i punti di vista, effettivamente, a che serve usarla come barometro?
Non lo chiedete a me. Io sono la scimmia che non guarda. Quella in alto.
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