mercoledì 17 novembre 2010
Confessioni
Esistono dei segreti che pensi di poter portare con te per sempre, quelli che cerchi di nascondere a tutti e peggio, anche a te stesso, eppure, come un rigurgito maledetto, questi risalgono. Ci vengono a trovare quando meno ce lo aspettiamo. A volte non ci fanno addormentare, peggio, ci svegliano, tremendi ci riportano nel momento in cui quella cosa è successa. Lo strapiombo. Splat. Si cade a terra, faccia sull'asfalto. Lividi.
Sono quei segreti che hanno un riverbero dentro di noi, quelli che ci fanno credere di non conoscerci poi tanto, quelli ai quali cerchi ancora una ragione, o semplicementi decidi di non giudicare, perchè se lo avesse fatto qualcuno che non sei tu, forse, avresti deciso di non rivolgergli più la parola.
Visto che siamo qui, visto che è tardi, ci prendiamo per stanchezza (noi chi? bah, plurale maiestatis) e mettiamo che sia la serata giusta per le grandi rivelazioni, ma sì, puliamoci sta coscienza e, almeno per questa notte, proviamo a dormire sogni più tranquilli che magari domani tutto sarà diverso; o magari mettiamo che ormai questo blog è anche un mio amico (quindi con lui non rischio di essere giudicato) perciò credo sia ora di vuotare il sacco:
all'esame di quinta elementare ho ripetuto due volte la prova di matematica alla lavagna.
I fatti.
Quel giorno ero in grembiulino blu e fiocco bianco, scuola statale, capelli mori e riga rigorosamente da una parte, paffutello e sveglio quanto basta, ero uno di 23 alunni, amichetti, tutti persi per strada, tranne uno, e proprio con lui salivo le scale per andare in classe.
Alle elementari, almeno quando le ho fatte io, l'esame aveva la seguente procedura: primo giorno prova di italiano, tema, nel nostro caso, tema libero.
Secondo giorno, materie restanti: prova di matematica alla lavagna e interrogazione alla cattedra di scienze, storia, geografia, inglese, educazione civica.
Commissione: membro interno, la maestra Massimo (storia e geografia).
Membri esterni: matematica e altro.
In ordine alfabetico, uno per uno, arrivavamo prima dalla maestra di storia e geografia, poi da quella di matematica; in piedi, schiena dritta, davanti alla lavagna.
Tutto era molto confuso, alcuni fingevano di ripassare, altri disegnavano qualcosa, io, giuro, non ricordo in che modo attesi il mio turno, che comunque arrivò.
Con la maestra di storia e geografia nessun problema, nell'immediato fui chiamato alla lavagna. Non posso essere tanto preciso, ricordo solo che ad alcune delle domande che mi pose conoscevo le risposte ma per paura, troppa sicurezza, o assoluta ignoranza (ci potrebbe anche stare) risposi in maniera non del tutto consona.
La maetsra di matematica, svolto il compito, mi rimandò a posto.
Avevo sempre fatto i compiti, tutti e cinque gli anni, in terza elementare la mestra di scienze scrisse sulla mia pagella che ero a tutti gli effetti il leader della classe (sborone un corno, ho le prove, pagelle conservate con cura, tutte), non potevo aver sostenuto un esame tanto moscio. I leader non cascano così.
Tornai al mio posto e iniziai a rimuginare. Mi rodeva un sacco. Non era giusto.
Un calo dovuto alla tensione ci poteva stare, alla fine ero anche piccolo, dai, siamo tutti comprensivi (noi chi? bah..).
Aspettai che la maestra uscisse e mi fiondai dalla mia insegnante di storia e geografia dicendole che non avevo sostenuto l'esame alla lavagna, che ancora non ero stato chiamato e che volevo farlo subito.
La mia maestra mi vide convintissimo, per niente preoccupato e chiese alla seconda insegnante di farmi qualche domanda. Mi rimisi davanti alla cattedra e, pur non avendo memoria, credo che le cose andarono meglio. Fui davvero molto fortunato perchè l'insegnante che mi aveva torturato prima non rientrò da lì a trenta minuti, quindi, in sostanza, evitai la figura di merda, forse, più grande della mia vita (ma ci sarebbe stato e c'è ancora tempo insomma...).
Voto in pagella?
Che domande. Ero un leader.
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