
In realtà non so se la cosa peggiore sia il fatto che una persona perda il proprio tempo per scrivere ad una agenzia di pubblicità riguardo un interruttore e l'eventuale pericolo di prendere la scossa, o che l'agenzia di pubblicità, colpita nel proprio ego, decida di rispondere, anche in maniera abbastanza dettagliata.
Una cosa è certa, abbiamo superato un piccolo limite. Da quando nel mondo della pubblicità è comparso il web chiunque ci si confronti per lavorare è obbligato a pensare che questo strumento, per funzionare, deve garantire alle persone la possibilità di partecipare, rispondere e prendere parte alle cose. Nel web tutti possono dire la propria, metterci la faccia, rispondere a domande per giocare ed essere, diciamo, corteggiati nella maniera più divertente possibile. Un volta un direttore creativo mi disse che se sei un brand di birra, vino o super alcolici e, per fare il figo, fai un sito sul bere responsabilmente, la gente potrebbe anche farsi girare le palle perchè per alcuni sembrerebbe palese che ti stai parando il sederino e può succedere che, parole testuali, "ti scrive una mamma col figlio sulla sedia a rotelle rimastoci dopo un incidente di auto fatto dopo aver bevuto quella birra" allora sono guai seri. Insomma, il web garantisce alle persone anche di poterti mandare a cagare. La tv meno. Gli spot fanno parte di quella che oggi viene considerata comunicazione passiva, stai seduto e guardi. Se resti offeso strilli al vento o insulti la tv. Il signore che ha scritto questa lettera all'agenzia ci dimostra due cose, che il web ha trasmesso la voglia/necessità di criticare (sia positivamente che negativamente) qualunque cosa con la quale si venga a contatto (bene?) e che le persone stanno a guardare, anche con attenzione (bene!).
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