La discussione nasce davanti alla peggiore imitazione di uno dei programmi inglesi di maggior successo. La prima questione era come mai in Italia il programma non abbia avuto lo stesso successo. Duplice possibilità: non ci sono questi grandi talenti rispetto al Regno Unito (possibilità poco credibile); in Italia non esiste la Regina, quindi il vincitore porta a casa solo un assegno e un contratto (cosa che interessa solo a lui). Ovviamente se il nostro presidente della repubblica avesse la possibilità di guardarsi un tizio che fa sparire la propria testa, forse, anche lui capirebbe a che punto la televisione (pubblica e privata) sia arrivata, sollevando anche un bel discorso chiamato contenuti. Si diceva un tempo che la televisione avrebbe dovuto avere un ruolo educativo. Infatti oggi la gente a casa finge di avere il trono di Maria De Filippi o mette al campanello di casa il suono di Porta a Porta, sperando che ad entrare (sotto le note di una celeberrima colonna sonora) sia sempre qualcuno che abbia qualcosa di interessante da dire.
Il discorso però durante la trasmissione ha preso un tono diverso. Ovvero sulla natura del talento. La sorella di The Ego Blog (sostenitrice del programma e del suo contenuto demente) sosteneva che i due ragazzi abilissimi nel suonare due strumenti non fossero tanto dotati di talento, quanto di una base che poi con lo studio e la caparbietà li aveva portati ad un livello di eccellenza. The Ego blog accettando la provocazione la vedeva in parte nella stessa maniera; l'altra parte era convinta che il talento possa essere di se stesso necessario.
Ai massimi sistemi e restando su discorsi musicali the ego blog's sister sosteneva che solo coloro che riuscirono a comporre, pur non conoscendo bene la musica e le sue regole, potevano e possono essere considerati talenti. Il riferimento è ovviamente al genio di Beethoven che per riuscire a sentire la propria opera si fece costruire una specie di orecchio artificiale nel quale inseriva la testa per tentare di avvertire un barlume di quello che la sua matita aveva da poco messo sul pentagramma.
La pochezza del fratello ha controbattutto dicendo che l'applicazione è l'unica cosa che prende il talento ed è in grado di condurlo lontano, molto lontano. Esempio demente a sostegno: Antonio Cassano. Talento mostruoso, applicazione pessima. La sua carriera che tutti vedevano piena di soddisfazioni è arenata al porto di Genova. Eccezione che invalida la regola, El bipede d'oro, al secolo Diego Armando Maradona: talento radicato, applicazione massima espressa durante i festini in cui il naso dava veramente il massimo, risultati storici sul campo di gioco. Forse uno dei motivi per essere di Napoli, del Napoli è proprio Maradona.
Il discorso fraterno prosegue e vista la caparbietà dettata anche dai segni zodiacali (ariete e toro) la voce finisce ma il discorso non si chiude.
Ergo: il talento è la base che grazie all'applicazione crea il genio, o l'elemento unico grazie al quale ci si distingue cum magno gaudio?
Per chi proprio non riesce a farne a meno, il talento è anche quella parola abusata in pubblicità. Quella in base alla quale una persona che spara 1000 stronzate e un giorno una genialiata assurda viene riconosciuto come "divino", proprio perchè il talento è genio e sregolatezza.
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