venerdì 5 febbraio 2010

Il venerdì del villaggio.


Balla di fieno simpson, un vento leggero che soffia e sorrisi anche se piove forte forte.
Il venerdì del villaggio (qualcuno si rivolta nella sua tomba centenaria) è il momento che tutti aspettano. Settimana dura, lunga, motivante o poco stimolante, lenta come una lumaca col freno a mano o liscia come l'olio che fa saltare le staccionate, alla fine lui, il venerdì, arriva. Programmi per la serata, per il fine settimana, programmi dettagliati, faccioquestoequestopoiquesto, veloci come la luce dritti verso la domenica alle 18, quando l'ansia da nuova settimana torna a bussare alle tempie, sale come la febbre, fa il solletico ai piedi e ci ricorda che lui, il lunedì, sta arrivando. A volte, anzi sempre, ritorna.
Oppure c'è chi non programma. Che fai? Niente! Mutande sporche, birra e rutto libero. Donne? Si fottano, mi basta il campionato (versione ovviamente maschile del caso). Dritti fin dopo la domenica sportiva quando, anche in quel caso, le chiazze di unto hanno ormai riempito la canotta di lana e sul divano c'è solo lo spazio per la presa a male (sarà mica slang "presa a male"?), ci ricorda che le lancette non si sono fermate, come il contropiede del due a zero, e siamo ancora una volta a voler rallentare il tempo, cercare almeno di raddoppiarlo. Oh Signore! Che un minuto valga per due, che due valgano per sei, che non arrivi la domenica sportiva, confine tra la fine della domenica e il suono della sveglia del lunedì.
Ma cosa importa? Basta saper aspettare, ci saranno tanti venerdì, e il bello non è solo viverlo, ma aspettarlo, e per aspettarlo c'è tutta la settimana.

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