Questa mattina mentre mangiavo mi è tornata in mente una cosa che era rimasta seppellita tra la tanta polvere del mio cervello.
Il tutto accadde circa dieci anni fa. Ero ancora al liceo, forse al quarto anno. Insieme al mio fide amico Samy, decidemmo di trovare un lavoro estivo per guadagnare dei soldi da spendere nel peggior modo possibile (una stupidissima vacanza a Tenerife, la prima settimana di settembre). Un nostro amico di classe, con qualche anno più di noi, lavorava da McDonalds e ci disse che, se la cosa ci interessava, potevamo sostenere un colloquio nel ristorante in cui stava lavorando. Accettammo senza tener conto del fetore che la cucina di McDonalds lascia sulla pelle dopo sei ore di lavoro (beata gioventù).
Il colloquio andò bene per entrambi ma, il mio fide amico, scelse qualcosa, diciamo più "soldi in bocca" ovvero: oggi lavoro oggi mi paghi. Per me poco contava la cosa, purchè a fine agosto avessi messo via il mio gruzzolo per darmi alla pazza gioia.
Una sera, verso la seconda settimana di lavoro, tornando a casa dopo il turno di chiusura, col mio motorino sfreccio verso una zona non molto raccomandabile della periferia romana. Ovviamente la spia della benzina, che faceva i capricci già da due giorni, inizia a lampeggiare; in sintesi "O fai benzina o spingi fino a casa".
Mi fermo ad una pompa di benzina e mentre sono lì che metto le mie diecimila lire (che tempi!) una signorina "ben vestita" si avvicina verso di me:
"Che fai parti?!" dice lei.
"Scusa" dico io, e penso "Eccoci".
"Vai via?" Ripete frettolosa.
"Sì faccio benzina e me ne vado" rispondo.
"Portami via, dai fammi salire" Dice lei avvicinandosi al motorino.
"Che voi?!" Rispondo io, e la situazione inizia a preoccuparmi.
"Dai fino al bivio poi scendo e io va da sola".
In testa pensavo di essere entrato in qualcosa dalla quale era meglio uscirne prima di subito.
Tempo di arrivare a realizzare il tutto che la signorina è sulla sella del mio motorino.
"Sbrigati!" Dice lei.
"Ma che voi aò?!" Era la mia paura a parlare.
Sta di fatto che salgo al volo, lei aveva preso uno zaino da dietro la pompa di benzina, non grandissimo, sbucava fuori una maglietta gialla e un paio di scarpe nere. Io ero ancora in divisa da lavoro, pantalone blu e polo puzzolente di fritto. Insomma salgo e schizzo via, con la paura che mi abbaiava alle spalle come un cane ringhioso sprigiono tutto il gas che la manopola riesce a dare, lei si attacca alla mia vita e fa per dirmi la strada, che comunque conoscevo. Mancavano massimo tre chilometri che, in motorino, sono circa due minuti (ma nemmeno). Mentre passiamo lungo il viale, tutte le "ragazze" fanno il tifo per lei che, preoccupatissima, dice "Lasciami all'angolo, lasciami all'angolo che va io da sola".
Temevo di tutto, il pappa che mi potesse speronare con la sua mercedes dell '89 e che, subito dopo, mi avrebbe fatto nero solo per non aver pensato ai fatti miei. Temevo la solita volante della polizia alla quale avrei dovuto spiegare la presenza della "mia cuginetta" su uno scarabeo 50 alle due di notte. Temevo (forse esagerando vista la situazione) che lei mi portasse da una parte, dove poi, mi avrebbero fregato anche le mutande. Insomma, robe del genere.
Arriviamo al bivio seguiti dai cori da stadio delle sue amiche. Lei scende, ce ne sono due che la aspettano "Ciao amore" mi dice prima ancora di posare i piedi per terra. Poi corre, insieme alle altre due. Io mi guardo intorno, via libera e sono già davanti al portone di casa. Non so più nulla. Non l'ho più rivista, rifacendo quella stessa strada fino a fine agosto quando, una volta lasciato il lavoro e incassato l'assegno, sono partito.
Non so perchè mi sia tornata in mente questa cosa, forse perchè ultimamente il tg non parla altro di chi entra, chi deve restare fuori dai confini; o forse perchè l'altra sera qualcuno, a cena, mi ha detto che un direttore creativo durante una lezione parlava dicendo che "con questa storia mi sono comprato la cucina, con quest'altra lo stereo, con quest'altra ancora la macchina" mah, non lo so.
Certo è che se questo lavoro è fatto di storie, se racconti quelle vissute sulla pelle, magari è anche più bello.
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