venerdì 19 dicembre 2008

Cesareo o naturale?

Metafora scontata eppur validissima. Il migliore termine per spiegare il processo creativo proviene dal gergo medico: partorire.
Esattamente come all'interno della sala parto, ogni giorno in agenzia (ma anche in milioni di altri luoghi) i buoni creativi danno alla luce piccole gemme di vita.
Detto così suona molto poetico, in effetti è tutto l'opposto inquanto il processo creativo è tanto bello quanto dannatamente difficile; non segue regole fisse, ritmi stabiliti, non ha certezze assodate, e "convulsivo" è il termine migliore per spiegarlo correttamente.
Ci sono diverse fasi che non vengono mai a galla, visto che una volta partorita la gemma, il percorso affrontato fin lì si dimentica e ci si ferma ad osservare la noenata respirare.
I creativi si guardano mentre la tangono tra le braccia e uno dei due finisce per dire
"Ha il tuo naso".
Quello che si dimentica:

FASE UNO: LETTURA DEL BRIEF.
Alcuni leggono in silenzio separatamente, altri invece lo ascoltano dalla voce dell'altro.
Commento prima lettura: "Non si capisce un cazzo. Che palle siamo alle solite".
Inizia l'anticamera.

FASE DUE: PAUSA SIGARETTA.
Uno dei due che di solito non fuma, ovviamente toccava il massimo della concentrazione in quel momento. Sì stranisce e ingloba quel barlume di pensiero decenete che aveva avuto.
"Hai rotto il cazzo di fumare", sguardo fisso sul Mac.

FASE TRE: NON ABBIAMO NIENTE.
Uno dei due dopo mezza giornata di lavoro entra nel panico. "Non abbiamo un cazzo, ma quando è la consegna?". "Non rompere i coglioni". Reazione antistress del partner.

FASE QUATTRO: LO SCLERO.
I due si rendono conto di non avere nulla in mano verso fine giornata.
"Sto brief non dice un cazzo porcaputtana. Hanno già fatto tutto poi, inutile. Non si può fare più niente, se prendi spunti ti dicono che copi, se copi che cazzo lo fai a fare sto lavoro"
I due iniziano a boccheggiare, si guardano negli occhi e sparano cazzate che non fanno ridere ma ridono per farsi forza. Uno dei due inizia a maledire il lavoro in generale, il lavoro lì dentro, maledice il giorno che ha scelto quella carriera, maledice il foglio bianco e quel brief che non si capisce ancora e ancora. I più impegnati entrano in un complesso rito di "tic" nevrotici come schiacciare il bottoncino della penna facendo salire e scendere la punta a sfera, il ritmo aumenta l'ansia a livello esponensiale, oppure con la punta del piede (destro o sinistro) ben piantata a terra si inizia a sollevare il tallone per poi schiaccarlo a terra come se si stesse suonando la batteria, e l'ansia si impersonifica davanti ai due.

FASE CINQUE: IL LITIGIO.
"Che cazzo dici, sempre a lamentarti. Effai sto cazzo di coso, non rompere"
"Oh rispondi bene, vatti a fumare una sigaretta se stai sclerato eh"
"Ancora con la storia delle sigarette. Io fumo, tu zitto."
"Ma zitto tu, coglione, che secondo me la prima strada è giusta"
"Certo è copiata"
"Cazzo dici?!"
"Ancora che dici di no. Guarda. Poi non centra un cacchio col concetto nostro."

FASE SEI: IL SOCCORSO.
"Dai dimmi una cosa, una qualsiasi, checcazzo te ne frega"
Questa è la richiesta al portinaio filippino dell'agenzia.

FASE SETTE: LO SPUNTO.
Dove non se lo aspettavano si intravede una strada, una luce, l'uscita dal tunnel è vicina.
I due ritrovano l'amore.

Il resto è quello che ricordi e racconti: "Era un bel brief, non c'abbiamo messo tanto."

2 commenti:

BB ha detto...

Devi essere un rompicoglioni, sul lavoro.
(si può dire rompicoglioni?)

EGO ha detto...

Sì, penso di sì.
Ma scusa io che centro?
Cattivello come giudizio, no?