giovedì 10 novembre 2022

Giorni dopo:38

 

La bellezza del tempo, o la sua infamia più grande, è essere sempre uguale a se stesso.
Uno dei suoi vantaggi, la percezione umana.
Lui è la costante, e questo lo fa spisciare dalle risate.
Si diverte come un vecchio arzillo e saggio, mezzo bastardo, che non fa altro che ripetere la stessa identica solfa: vado-sempre-serenamente-alla-mia-fottuta-velocità.
Poi dopo che ha scandito l'inizio della frase ti dice tutto in un fiato: sei tu che lo vivi sempre in modo diverso, fesso.

E così un'ora sembrano sei.
Un giorno sembrano cinque minuti.
Cinque minuti era due giorni fa.
Arriva, lo vivi, passa. Ti saluta.

E, giorni 38 dopo, pensi a tutto quello che puoi e vuoi.
Temi l'attesa, ti perdi nei desideri e nei piccoli sorrisi strozzati.
Temi che voli, e già pensare che volerà, lo manda avanti del doppio.
Ma già pensare che volerà è un buon segno, perchè lo aspetti e lo vuoi, questo tempo.
Il timore di quello che potrebbe uscir fuori e la sicurezza che qualcosa ha bisogno di essere detta, baciata dalle lenzuola e battezzata da una poltrona.
Perchè è vero, e perchè è giusto parlare e parlarsi.
Può un letto esse (romanaccio) un santuario?
Può un tappeto esse un prato?

E io (mannaggia a me che non riesco più a esse impersonale) non lo so più, e non ce capisco più niente da qualche mese a sta parte. Tutto era più chiaro, nel suo piattume, era certo; che la mattina mi sarei svegliato, mi sarei allenato, che avrei lavorato al vomito e che i sorrisi sarebbero stati sinceri ma mai pieni. 
Qualcuno conosce la differenza tra sorriso e sorriso pieno?
La semplice differenza tra tra esserci e vivere.
Tra qualunque cosa e "un tono sotto".
Sì, mi so trovato a maledire e maledirmi, e preoccupato ad implorare la tremenda banalità di vivere un tono sotto, perchè alla lunga è una minestra sempre sì sempre calda. La sicurezza della vita "un tono sotto" è come il piumone, ti vizia, ti coccola, ma è infame, come lo spruzzo d'inchiostro del polipo, copre, sì, copre la potenzialità e la bellezza.
Per averla, quella bellezza, quella pienezza, bisogna rischiare, "chi non risica non rosica" (Roma mia quanto sei saggia in tante cose) e vedere se il tempo accetta di benedire quei passi.
Giusti o sbagliati che siano, fanno la pellaccia.
E tanto alla fine quando saremo tutti in piedi davanti alla grande luce, non vorremmo pensare di noi di essere stati almeno qualche volta, non sempre sia mai, un pochetto coraggiosi?

E il tempo scorre, come adesso mentre scrivo, mentre aspetto, si muove come il mio respiro, mi inganna, come io cerco di ingannarlo continuando a battere le dita sui tasti. Un'occhiata alle lettere una alle lancette.
Sei passato? Non sei passato?

E lui sarà sempre lì che se la ride di me, come di te, come di tutti noi, perchè la sua risposta è un disco rotto: Io passo sempre alla stessa maniera, sei tu che c'hai paura, sei tu che godi, sei tu che vivi.
Poi forse però se si sente in vena te lo dice: "però senti ( e lo dice in romanaccio secondo me) a sta fermi e nun fa n'cazzo, per me, che vado lento o veloce, mica lo so se ce guadagni, perchè io sempre avanti vado, e quello che te sei perso, so cazzi tua.



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