
Esistono cose che sono vive, pur non avendo un cuore, un cervello.
Esistono delle cose che, pur non potendo parlare, sono in grado di farci venire la pelle d'oca. Esiste un tipo di plastica, di stagno, di fibra di vetro, un tipo di molle e pulsanti atoni che solo a guardarli diventano tante nuvolette piene di ricordi. Tra queste cose, l'immagine in alto è una di quelle.
Commodore 64, che wired italia classifica come uno tra i venticinque computer che hanno cambiato la storia dell'informatica.
Bugiardi, ipocriti, ingiusti, il Commodore 64 ha cambiato il pomeriggio, la sera e la notte di miliardi di adolescenti e bamboccioni, riscrivendo giornare umide e torbe in paradisi pieni di colori e risate.
Indimenticabile la sua lentezza nel caricare i giochi, giorni se paragonati all'immediatezza odierna. Indimenticabile la grafica decisamente quadrata di ogni cosa, personaggi umani, animali, palazzi, palle, tutto era incredibilmente squadrato, affettato, rigido ma ben definito (eh grazie).
Lasciava il tempo di fare una doccia prima di scoprire come fosse la grafica del livello successivo; poco importante, potevi segnare direttamente su un foglietto le cadenze precise del timer registratore delle cassette dei giochi, così che, se volevi giocare solo a quello al centro del nastro potevi tranquillamente saltare tutti gli altri.
"Press play or tape to start" poesia pura.
E' vero, non potevi sfidare il giapponese nerd dalla parte opposta del globo, ma i giochi non costavano 70 Euro e in ogni cassetta ce ne stavano almeno quindici (ovviamente tutti brutti, ma tanto si giocava solo a "Sensible soccer o, meglio, Football manager".
Occupava praticamente tutto il tavolo della cucina, della sala, della tua stanza, il pavimento diventava la sala macchine di Matrix, gli occhi si perdevano tra gli intrecci dei dodici mila fili sparsi ovunque e, ovviamente, una volta al giorno qualcuno ci inciampava facendo cadere tutto dal tavolo.
Parliamo dell'alimentatore? Un cubo dai lineamenti squadrati che dopo due ore diventava una palla di fuoco, d'inverno era una piccola stufetta, d'estate era meglio starci lontano.
E le righine sul televisore? Come se la tv si fosse impasticcata ad un rave. Sfrecciavano sullo schermo psichedeliche, senza ordine nè senso, rapivano, e potevi restarle a guardare rischiando che il nastro andasse avanti e tu non fermassi al momento giusto, rischiando di dover riprendere da capo, e non sarebbe stata una cosa di due minuti.Nà.
Era il tempo del joystick gigante, una cloche più che altro. Partivi dalla tua stanza e volavi chissà dove per almeno quattro cinque ore.
Pensando ad oggi, alle mini console e a tutti quelli che, ora giovanissimi, perdono le diottrie lì davanti, e a come la parte fisica tende sempre di più a rimpicciolirsi, a svanire, come se infastidisse, viene parecchia nostalgia.
Non sanno quello che perdono.
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