sabato 7 marzo 2009

Il mestiere che sanno fare tutti.

La saga inizia prima che cominciassi a fare questo lavoro, precisamente all'università. Ho scelto Scienze della comunicazione perchè ero interessato alla disciplina o, forse, alla fine è stata la disciplina a scegliere me. Spesso mi confrontavo con ragazzi della mia età, studenti e non, che parlavano della comunicazione e del suo studio come qualcosa di molto semplice da affrontare. Chi non era iscritto, pur non avendo la pallida idea di cosa fosse realmente ne parlava con una sicurezza lampante, nemmeno fosse laurenado, o fuori corso con anni alle spalle. Era considerata, forse lo è ancora oggi, la facoltà frick, quella disciplina facile, giovanile che poteva essere affrontata a perdi tempo, tra un pasto e l'altro, magari tra primo e secondo tempo sorseggiando birra. Forse la credenza era a tal punto diffusa che le iscrizioni nell'anno 2000-2001 crebbero a dismisura, si parlava di quasi 6000 iscritti, ma forse anche di più. Il tempo e la statistica, dopo cinque anni (periodo di tempo stabilito per diventare un vero fricchettone) mise in evidenza che solo il 5% portò a termine il percorso come un vero figlio dei fiori. La prima sessione di laurea specialistica diede alla luce non più di una novantina di veri sballati credenti nella pace che professavano la parola di Kerouac al vento. "Guarda che lo dicono tutti, scienze della comunicazione è easy, si studiano argomenti quotidiani, cose di cui se ne parla anche a tavola, cioè robe così, la televisione, il giornale, insomma ste cose" recitò un mio amico (non ubriaco).
Arrivò il momento di lavorare, e anche qui ultimamente mi capita di ascoltare la stessa musica.
Non ultima la vicenda accaduta in taxi la scorsa sera. Ero in taxi con due amici, professionisti di altra agenzia, discutevamo in parte di lavoro (ovvi confronti sul periodo e gossip da bar, quei discorsi che svaniscono dopo il primo sorso di birra) in parte di cose da maschietti.
Il tassista educatamente si volta per chiederci quale fosse il nostro lavoro, anzi : "Fate la pubblicità, vero?. No perchè io, come tassista, ho l'orecchio fino" (nessuno lo avrebbe mai messo in dubbio). Prosegue "No perchè io sono bravissimo a fare la pubblicità. Dai, proviamo, ditemi qualcosa che ve la faccio al volo". Sorridenti ci guardiamo, tra l'imbarazzo e la voglia di ascoltarlo uno dei tre tira fuori il brief di turno.
"Prodotto x" dice uno di noi.
Tassista: "A chi lo dobbiamo dire" (è esperto, conosce il concetto di target).
"15-44 anni" risponde accountizzandosi uno di noi.
"Impossibile, troppa gente" (se lo capisce lui, come fa a non capirlo chi deve?)
"OK, facciamo per giovani, dai".
"Allora. allora....(silenzio, la sta per esplodere) Sì, trovato: Se proprio devi sballarti, sballati di x".
Ipotizza un film, ma non facciamo in tempo ad ascoltarlo bene, la corsa è giunta al termine.
Come la credibilità di chi fa questo lavoro.
Magari, posso sempre pensare di fare il tassista.

2 commenti:

Stefano Lombardini ha detto...

personalmente non credo che sarei capace di fare pubblicità alle merendine senza la mia laurea in scienze delle merendine

EGO ha detto...

Eh, anche io volevo iscrivermi. Era a numero chiuso. Non sono entrato.