lunedì 8 febbraio 2016

Busta di plastica.



Ci viene concessa una unica sola vita.
O almeno ci viene concesso di ricordare solo quella che stiamo vivendo.
Questo è un male solo nel caso in cui viviamo ogni volta vite diverse.

Una volta sei un disgraziato.
Una volta sei Justin Timberlake.
Contrappassi di vita.
Dio che gioca a dadi.
I dadi, ovviamente, siamo noi.
Forse è per quello che non possiamo dire di avere una unica sola faccia.
Bah, divagazioni.

Comunque, in questa unica sola vita che viviamo, non possiamo avere tutto.
Non possiamo provare tutto. 
Vivere tutto.
Purtroppo.

Se nasci normale (categoria che va per la maggiore)
ti becchi i sentimenti (meravigliosi) ma standard: amore, dolore etc etc
Niente gloria.
Non farai mai gol al novantunesimo al Bernabeu.
Non ascolterai mai un applauso scrosciante alla scala, alla prima, rivolto per la maggior parte a te.
Così come, però, non sentirai mai l'umiliazione di uno sguardo negato, come quello che sbattiamo in faccia tutti i giorni a chi chiede l'elemosina in strada.

Non siamo tutti pazzi, che giriamo senza meta per le strade della città, con una busta di plastica, vuota, o piena solo di confusione.

Dove va a parare questo post?
Non lo sa per niente.
Voleva solo parlare di quanto tutto quello che è davvero necessario non sta al Bernabeu.
Non sta nell'applauso a teatro.
Ma forse solo nella confusione che porta quella persona claudicante.
Perché osservandola, almeno chi scrive, ogni tanto si chiede:
“Ma se fossi io quello matto? Se fossimo tutti noi quelli con le rotelle fuori posto?"
Vediamo il mondo per come ci conviene vederlo, quindi la minoranza è sempre la parte in difetto.
Allora anche i geni, rari, sono difettosi.

Dritti, dentro la busta piena di confusione.
Una confusione fatta di tutto quello che la confusione crea.
O di tutto ciò di cui la confusione è fatta.
Ovvero la sua antitesi.
La certezza.
Essere tanto sicuri, di noi stessi, delle cose, spinge verso un punto in cui possiamo trovare o scoprire tutto l'opposto.
Il migliore dei “Ma, io…“.
Benvenuta realtà.
Bentornata paura.

La confusione è paura.
Ciò che spaventa insegna.
La paura è crescita.
La matematica dei sentimenti.
Così lineare.
Perché esiste la confusione?
Inutile sempre.
Oppure utile per ripartire.

Quando in camera c'è il delirio.
Ti fermi.
Riprendi fiato.
E metti a posto.
Il più delle volte ci vuole del tempo.
Poco, tanto, un sacco.
'Rca troia.

Quindi la confusione è utile per fare ordine.
Intorno a noi.
Dentro di noi.

Ma come si prendono i pensieri nella confusione di quella busta?
Come li giudichi una volta presi?

Dove sta la verità?
Dentro o fuori la busta?
E quanto ci vuole per mettere tutto davvero a posto?

E se è vero che viviamo una vita sola, e che non possiamo ricordare quella precedente da dove possiamo imparare davvero?

La vera verità è che a questo post non frega niente di tutto questo perché voleva parlare di un abbraccio la mattina.
Qualunque mattina di qualunque giorno di qualunque anno.
Di quell'abbraccio che possiamo chiamare spasmo.
Volontariamente non deciso dalla nostra testa.
La certezza. Il sole che sorge pure oggi.
La fatica, il sorriso che c'è dietro.
La soddisfazione e un maledetto tandem.


Siamo seri.
Abbraccio?
Tandem!

Questo post era il post del lunedì odioso.
Una coraggiosa stretta di mano a tutti quelli che guardano sempre avanti.
Sempre avanti.
Sempre avanti.
Vestiti di ansia.
Impauriti dalla loro stessa ombra.
Sempre troppo piccola.
E che per guardare avanti.
Sempre avanti, 
si sono persi oggi,
Forse pure ieri.
Che fanno mille cose.
Ma gli mancano sempre quei dieci centesimi in tasca.
Che non si fermano.
Che gli si vuole bene, perché respirano poco.
E lasciano ossigeno agli altri.
Ma ti snervano.
Quindi questo era un “forza ragazzi“, oggi è solo l'ennesimo giorno prima di domani.
Non importa quale sia, l'importante è che siate sicuri che ci sia subito dopo qualcosa.
C'è! 
Ve lo promette questo blog.
Ora veloci, che state già perdendo tempo.

Che poi anche se è Lunedì alla fine questo post si era prefissato il compito di far sorridere qualcuno.
Riflettere qualcuno.
Ammorbidire altri.
Nella speranza che dal delirio di lettere e parole, qualcuno capisca qualcosa.
Che gli sia utile per tornare a casa e salutare con affetto o amore qualcuno che li aspetta.
Ecco, ora entriamo nel tema del Lunedì sera, cioè quello che alla fine le cose semplici sono le più belle?
Oddio ricominciamo da capo?!
Perché no?


Forse questo è solo un post confuso.
Allora vedi che alla fine un giro nella busta l'hai fatto pure tu?

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