
Recentemente sono state publicati i risultati dell'istituto Almalaurea. In sintesi Almalaurea è una specie di azienda che fascicola tutti i laureati in un mega database, di cui le aziende possono avvalersi quando hanno bisogno di nuove leve per i loro esperimenti scientifici, tipo: "quanto resiste un neo laureato senza essere pagato? Non sappiamo. Intanto vediamo come se la cava con la rotellina del criceto". Ovviamente loro tengono tutte le statistiche sull'avanzamento del tasso dei laureati in Italia e, in qualche maniera, dovrebbero possedere il data base più ricercato d'Italia.
Il tasso "denunciato" quest'anno si aggira intorno al 12% (per la precisione 11,8), aumentato dello 0,2% nell'ultimo anno. Tanti iniziano e si perdono tra i prati verso aprile, alcuni non tengono botta tra lavoro e studio, altri si drogano e alla fine ad arrivare al traguardo sono circa 12 ragazzi su cento. La statistica non tiene conto del tempo medio che ci mette un ragazzo italiano, ma in teoria, poco conta, il passaggio dall'università standard a quella della terza età non prevede aggravi fiscali .
Tiriamo le somme: 12 laureati ogni 100 persone; 1.2 ogni 10. Quanti di questi trovano lavoro con maggiore facilità?
Domanda demente: se un bene è prezioso dovrebbe essere richiesto, e la preziosità di un bene la si quantifica, anche ma non solo, in base alla sua presenza sul territorio. Se i laureati come bene, vista l'evidenza dimostrata dalla statistica, risultano essere un bene prezioso, perchè non sono richiesti?
In germania la media dei laureati si aggira intorno al 28%, in Inghilterra idem, in Svezia siamo intorno al 32%. Casualmente sono tre paesi leggermenti più evoluti del nostro.
Sia chiaro, non è detto necessariamente che un laureato sia più intelligente di un'altra persona, ma un paese che incentiva la conclusione degli studi sembra beneficiarne col tempo e non di poco.
Arriviamo allo spicciolo/becero: la pubblicità.
Una persona che, laureata, entra in questo ambiente si accorge che non tutti hanno alle spalle la sua stessa preparazione, forse questo potrebbe rappresentare un problema, ma credo che il problema più grande sia non tanto chi decide per noi, quanto alle persone alle quali andiamo a parlare. Il nostro lavoro è parlare alla gente, trovare un filo conduttore che instauri una relazione meglio se duratura (w il manuale di Mkt del Prof. Castellet) con la gente. Se però quello che una persona di cultura (mettiamo) superiore da per scontato non lo è per chi subisce il messaggio, allora questo filo inevitabilmente si spezza. Il mestiere del pubblicitario (laureato o meno) è quello di cercare informazioni, trovare nuovi metodi e tecnologie per intrattenere, quindi il livello di studio potrebbe anche contare relativamente; ma anche in questo caso, se il povero pubblicitario costruisce un messaggio intorno a qualcosa che il resto della gente non percepisce che cosa significa? Sbaglia chi lancia il messaggio o sbaglia chi non si adegua? Insomma, bisogna continuare ad usare il fax, o mandiamo i primi messaggi di posta elettronica?
Quanto è utile fare ricerca se poi ciò che troviamo non rappresenta un gancio sulla gente che passa le ore guardando "Amici" ?(puro esempio, il gusto non si discute, ma il livello è quello che è).
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